IPOTESI BASATE SULLA TEORIA SUL MOTO RELATIVO
ALLO SPAZIO IN ESPANSIONE
RIASSUNTO
Nella teoria sul
moto relativo allo spazio in espansione (1), ho affermato che da essa si
possono derivare ulteriori ipotesi sui vari fenomeni dell'Universo, più
compatibili con le osservazioni.
Ed ora, con questo articolo, mi propongo di esporre tali ipotesi, che spiegano
vari fenomeni dell’Universo in una modalità compatibile con detta teoria e più
aderente con le osservazioni rispetto a quella attualmente sostenuta dalla
Comunità Scientifica.
Ecco, in breve, le ipotesi.
L’Universo è
composto esclusivamente da un’infinità di quanti di spazio che tendono ad
espandersi, causando anche la propria espansione.
La materia si
manifesta su insiemi di quanti di spazio, che vengono mediamente compressi,
consentendo ai quanti vicini e poi via via a quelli più lontani, di espandersi
di più.
La gravità è dovuta
al fatto che ogni oggetto tende a muoversi verso i quanti di spazio meno
compressi e, quindi, verso altri oggetti, con le leggi relative alla Relatività
Generale. Presento anche una modifica alla formula della gravità universale, per
renderla compatibile con questo modello di Universo.
La velocità della luce dipende dalla compressione dei quanti di spazio dei
luoghi nei quali essa transita, nel senso che maggiore è la loro compressione,
maggiore è la sua velocità. Ma poiché anche gli orologi si muovono più o meno
velocemente, in funzione di detta compressione, la velocità della luce risulta
sempre la stessa in qualunque luogo. Pertanto, nel passato, quando la
compressione dei quanti di spazio era maggiore, anche la velocità della luce era
maggiore.
Il redshift
cosmologico è dovuto alla velocità del luogo dove si sta muovendo l’oggetto
celeste che riceve il fotone, rispetto al luogo dove si stava muovendo l’oggetto
celeste che l’ha emesso, in un Universo la cui espansione sta decelerando. A
sostegno di queste ipotesi presento due tabelle che simulano il viaggio dei
fotoni di una galassia ad alto redshift e quello dei fotoni della Radiazione
Cosmica di Fondo, ed anche una formula per ottenere la luminosità apparente
compatibile con le osservazioni delle supernove Ia ad alto redshift. Inoltre
dimostro che considerando il redshift cosmologico come dovuto all’espansione
dello spazio, come attualmente sostiene la Comunità Scientifica, non si può
giustificare la luminosità apparente degli oggetti celesti con elevato redshift.
1. INTRODUZIONE
Nella teoria sul
moto relativo allo spazio in espansione (1) ho affermato che da essa si
possono derivare ulteriori ipotesi sui vari fenomeni dell'Universo, più
compatibili con le osservazioni.
Ed ora, con questo
articolo, mi propongo di esporre tali ipotesi, che spiegano vari fenomeni
dell’Universo, quali la sua espansione, la gravità, la velocità della luce, il
redshift cosmologico, in una modalità compatibile con detta teoria e più
aderente con le osservazioni rispetto a quella attualmente sostenuta dalla
Comunità Scientifica (CS).
Premetto che se in molti casi userò il presente anziché il condizionale, non lo farò per esprimere certezze, ma solo per semplicità di esposizione.
2. UNIVERSO DI
QUANTI DI SPAZIO
2.1 Universo in espansione
L’Universo si può immaginare come un’immensa sfera composta esclusivamente da un’infinità di piccolissime particelle indivisibili di una uguale quantità di spazio, che d’ora in poi denominerò come "quanti di spazio".
Per spazio intendo una sostanza continua, quindi non composta di particelle (che significa che le piccolissime particelle non sono a loro volta composte di ulteriori ancora più piccole particelle), che tende ad espandersi. In pratica si tratta dell’unica vera sostanza che compone l’Universo e che, pertanto, deve essere molto diversa dalla materia che noi possiamo osservare.
Durante il cosiddetto Big Bang, i quanti erano estremamente compressi e quindi hanno iniziato ad espandersi, causando l’espansione dell’Universo, che sta continuando tutt’ora.
La velocità di
espansione dell’Universo è la stessa in tutti i luoghi dell’Universo, per cui
ogni luogo si allontana da ogni altro luogo con una velocità che dipende dalla
distanza: più sono lontani e più velocemente si allontanano tra di loro.
Quindi ogni luogo
può considerarsi come un centro dell’Universo, dal quale tutti gli altri luoghi
si allontanano.
2.2 Gravità
Tra i quanti di spazio non esiste alcun vuoto, per cui se un quanto si comprime, e quindi riduce le proprie dimensioni, i quanti adiacenti possono/devono aumentare le loro dimensioni e, quindi, espandersi.
La materia è composta da quanti di spazio.
Le particelle
elementari del cosiddetto modello standard della fisica quantistica, sono dei
fenomeni fisici che, tra l’altro, comprimono quanti di spazio e, pertanto, un
oggetto materiale contiene moltissimi insiemi di quanti di spazio compressi, che
fanno aumentare la compressione media dei quanti di spazio che lo compongono.
Così i quanti
limitrofi all’oggetto, e cioè quelli in prima linea, grazie alla riduzione delle
dimensioni dei quanti dell’oggetto, possono/devono espandersi di più. Ma poi
vengono ricompressi parzialmente perché i quanti in seconda linea, che sono più
compressi per non aver ancora “subito” espansioni, si espandono a loro volta
verso quelli di prima linea. Poi anche i quanti di terza linea, ancora
compressi, si espandono verso quelli di seconda linea. E così via fino ai quanti
sempre più lontani dall’oggetto.
In parole povere la
materia, comprimendo numerosi quanti di spazio, consente ai quanti vicini e poi
via via anche a quelli sempre più lontani, di potersi espandere di più.
Il risultato è un
ambiente nel quale i quanti di spazio vicini alla materia sono più espansi di
quelli via via più lontani dalla materia.
I quanti che
compongono la materia, sono comunque più compressi rispetto ai quanti esterni ad
essa però, per precisione, bisogna dire che è la compressione media dei quanti
che compongono la materia, che è maggiore della compressione media dei quanti
esterni alla materia. Perché all’interno degli atomi vi sono molti quanti che
potrebbero essere anche più espansi di quelli esterni alla materia, e cioè, per
esempio, quelli tra i nuclei e gli elettroni, in quanto più vicini alle
particelle elementari.
Gli insiemi di
quanti che compongono gli atomi, tendono ad espandersi in direzione dei quanti
più espansi (o meno compressi), perché trovano meno resistenza alla propria
espansione. Pertanto anche gli oggetti materiali, dato che sono composti da
atomi, si espandono in direzione dei quanti più espansi, e quindi in direzione
di altri oggetti. Per questo motivo ogni oggetto tende a muoversi verso altri
oggetti.
Per muovere un
oggetto in direzione contraria a quella nella quale tenderebbe a muoversi, e
cioè da un punto dove i quanti sono più espansi (per esempio dal livello terra)
ad un punto dove sono meno espansi (per esempio ad un metro da terra), si deve
usare una certa energia (che viene persa da chi muove l’oggetto), con la quale
gradualmente viene aumentata la compressione degli insiemi di quanti (che così
aumentano la loro energia interna) che compongono gli atomi dell’oggetto, in
modo tale che riescano ad opporsi alla maggiore pressione dei quanti che trovano
man mano che si avvicinano al livello più alto. Però, più precisamente, non
bisogna pensare a dei quanti che si muovono da un punto ad un altro, ma a delle
compressioni di quanti che si muovono da un punto ad un altro o, meglio ancora,
a delle manifestazioni fisiche che avvengono nei vari punti dello spazio.
Di conseguenza un
oggetto di un metro di altezza, ha gli atomi situati più in alto con una
compressione media maggiore rispetto agli atomi situati più in basso, in quanto
i quanti che compongono gli atomi situati più in alto trovano più resistenza
alla loro espansione rispetto ai quanti che compongono gli atomi situati più in
basso. Quindi ponendo che l’oggetto abbia la forma di un cubo, avrà la
superficie inferiore più estesa di quella superiore, in quanto la compressione
dei quanti vicini alla superficie inferiore è minore di quella dei quanti vicini
alla superficie superiore. Ma se misurate, le due superficie risulterebbero
uguali, in quanto anche gli atomi degli strumenti di misura sono influenzati
dall’espansione dei quanti vicini.
Ora vorrei fare delle
considerazioni sulla formula della gravitazione universale di Newton e proporre
delle modifiche, perché essa non risulta compatibile col presente modello di
Universo, in quanto esso prevede due cause per l’espansione dei quanti di
spazio:
- quella dovuta alla
presenza della materia, per la quale i quanti di spazio si espandono senza
contribuire ad espandere l’Universo (perché la loro espansione viene bilanciata
dalla compressione dei quanti che costituiscono la materia);
- quella dovuta
all’espansione nativa dei quanti di spazio, per la quale i quanti di spazio si
espandono facendo espandere anche l’Universo.
Per cui è necessario
modificare la formula della gravità universale di Newton, per tenerne conto.
La formula attuale della gravità universale è la seguente:
Dalla quale ricavo quella dell’accelerazione di gravità per un oggetto di piccola massa, e cioè:
dove:
- g è
l’accelerazione di gravità;
- G è una
costante gravitazionale universale;
- M è la
massa di un ipotetico oggetto celeste;
- d è la
distanza dell’oggetto di piccola massa.
Ma questa formula riguarda solo l’accelerazione relativa all’espansione dei quanti dovuta alla presenza della materia, pertanto non comprende quella relativa all’espansione nativa dei quanti di spazio, che va in direzione contraria e, quindi, si oppone all’accelerazione dovuta alla gravità.
Per cui la formula dell’accelerazione di gravità completa, in base al mio modello di Universo, è la seguente:
dove E è una
costante di accelerazione dovuta all’espansione dello spazio, che è la stessa
per tutto l’Universo e che si riduce nel tempo in funzione della decelerazione
dell'espansione dell'Universo, e che va valorizzata in base alle osservazioni.
Ma per far tornare i
conti bisogna aumentare il valore della costante gravitazionale, in quanto il
valore g da ricavare, è dovuto anche al valore della costante di accelerazione.
Quindi bisogna
valorizzare le due costanti della formula, in modo che i suoi risultati siano
compatibili con le osservazioni, le quali dimostrano che nelle lunghe distanze
il valore di g non è perfettamente inversamente proporzionale al quadrato della
distanza. Come nel caso degli oggetti celesti più esterni alle galassie.
Inoltre dalla
formula risulta che una volta superata una determinata distanza, il valore
relativo all’accelerazione dovuta all’espansione dello spazio, supera il valore
dovuto alla gravitazione, per cui risulta che l’oggetto di piccola massa si
allontana dall’oggetto celeste. Come risulta dalle osservazioni.
Pertanto
valorizzando adeguatamente le costanti della formula, non potrebbe essere
possibile giustificare determinati moti degli oggetti celesti, anche senza la
necessità di ipotizzare l’esistenza della materia e dell’energia, oscure?
2.3 Velocità e
frequenza dei fotoni, variabili
E' stato rilevato
sperimentalmente che
(1) la gravità
influenza lo scorrere del tempo e la frequenza ondulatoria dei fotoni e quindi
anche la loro lunghezza d'onda.
Ma, per la presente
ipotesi,
(2) la gravità è
dovuta all’espansione dello spazio.
Di conseguenza si
può affermare che
(3) l’espansione
dello spazio influenza lo scorrere del tempo (più lo spazio è espanso e più
gli orologi rallentano) e la frequenza ondulatoria dei fotoni e quindi anche
la loro lunghezza d'onda.
Ma poiché risulta
anche che
(4) la velocità
della luce è sempre la stessa in qualunque luogo la si misuri e, quindi, per
qualunque velocità dello scorrere del tempo,
ne consegue che
(5) anche la
velocità della luce si adegua all’espansione dello spazio e cioè che la luce
va più o meno velocemente in funzione della più o meno elevata espansione dello
spazio.
Quindi nel passato,
(6) quando lo
spazio dell’Universo era molto meno espanso, la luce aveva una velocità molto
superiore a quella attuale, anche se ipotetici orologi di allora l'avrebbero
misurata sempre a 300.000 km/s (perché avrebbero misurato il tempo più
velocemente, perché lo spazio era meno espanso).
In altre parole, man
mano che l’Universo si è espanso, la luce ha ridotto la sua velocità, ma anche
ipotetici orologi avrebbero rallentato, facendo così misurare la velocità della
luce sempre a 300.000 km/s.
Come ho dimostrato
nel punto 3, l’espansione dello spazio influenza la frequenza ondulatoria dei
fotoni. Più precisamente fa rallentare la loro frequenza ondulatoria, ma senza
che ipotetici orologi possano rilevarlo, in quanto l’espansione fa rallentare
anch’essi della stessa misura. Perché se così non fosse, la frequenza dei fotoni
emessi da una determinata tipologia di fonte (per esempio dall’idrogeno) e
misurata con uno stesso orologio, risulterebbe maggiore in cima ad una montagna
(dove lo spazio è meno espanso), rispetto alla sua base (dove lo spazio è più
espanso).
Quindi nel passato,
quando lo spazio era meno espanso, la frequenza dei fotoni emessi da una
determinata tipologia di fonte (per esempio dall’idrogeno), era molto maggiore
rispetto ad ora, per poi rallentare man mano che l’Universo si è espanso. Ma
ipotetici orologi non avrebbero rilevato alcun rallentamento della frequenza, in
quanto anch’essi avrebbero rallentato della stessa misura.
In pratica è come se quei fotoni fossero essi stessi un orologio.
2.4 Confronto
espansione dello spazio e curvatura dello spazio-tempo
Riepilogando quanto
sopra esposto:
- lo spazio è una
sostanza nella quale si manifestano sia la materia che le onde
elettromagnetiche;
- ha una densità che
è influenzata dalla presenza della materia.
- è meno denso vicino alle masse materiali e sempre più denso man mano che ci si
allontana da esse;
- gli oggetti materiali tendono a muoversi verso dove lo spazio è meno denso e
cioè verso altri oggetti materiali;
- la velocità della luce è isotropa solo rispetto ad esso;
- la velocità con la quale scorre il tempo, è funzione della densità dello
spazio e cioè più lo spazio è denso e più veloce scorre il tempo.
- dato che lo spazio è sempre più denso, man mano che ci si allontana dalla
superficie della Terra, il tempo scorre più velocemente man mano che ci si
allontana dalla Terra, come risulta nella realtà (per esempio, nel GPS).
In conclusione, secondo le presenti ipotesi, lo spazio è euclideo ed ha tre
dimensioni ed una densità, e la velocità del tempo è funzione della densità
dello spazio nel luogo dove viene misurato.
Ora provo a spiegare perchè, invece, per la Relatività Generale (RG) lo
spazio-tempo è curvo.
In base ai risultati dell'esperimento di Michelson e Morley (MM), dai quali
risulta che la velocità della luce è isotropa rispetto a qualunque sistema di
riferimento inerziale (ma secondo Lorentz tale risultato è viziato dal
rallentamento del tempo e dalla contrazione dell'interferomentro di MM, in
funzione della sua velocità rispetto allo spazio - che per Lorentz corrisponde
all'etere), Einstein ha dedotto la teoria della Relatività Ristretta (RR), le
cui trasformazioni usano le tre dimensioni spaziali più la dimensione temporale,
per cui lo spazio è "diventato" spazio-tempo.
Successivamente Einstein, con la RG, ha dimostrato che la velocità del tempo è
funzione della distanza dalle masse materiali, come poi risultò anche nella
realtà (per esempio, nel GPS).
Infatti nel paragrafo 6.6 del capitolo relativo alla RG, del suo libro “Sei
pezzi meno facili” (8), Feynman dimostra lo scostamento tra due orologi
situati a quote diverse.
Feynman trova anche il valore numerico dello scostamento per 20 metri di
dislivello, e cioè 2x10**(-15), e cioè di 1x10**(-16) per metro di dislivello.
Lo dimostra ragionando su un'astronave accelerata, in cui si capisce che se si
mandano due segnali da prua a poppa distanziati di un secondo, essi arrivano
distanziati di meno di un secondo. Quindi per un osservatore accanto
all’orologio a poppa, quello a prua va più veloce.
Dopo di che pone l'astronave sulla superficie terrestre ed usa il Principio di
Equivalenza (PE) per dedurre che l'effetto che si vedeva nell'astronave
accelerata si deve vedere anche nel campo gravitazionale terrestre.
Poi nel paragrafo 6.7 basandosi sui ragionamenti esposti nel paragrafo 6.6,
Feynman dimostra la curvatura dello spazio-tempo aiutandosi coi grafici di cui
figura 6.18.
Ecco come lo
dimostra.
"Cerchiamo di fare un po’ di geometria dello spazio-tempo. Questo alla prima può
sembrare strano, però abbiamo spesso costruito diagrammi dello spazio-tempo con
la distanza riportata su un asse ed il tempo su un altro. Supponiamo di cercar
di costruire un rettangolo nello spazio-tempo. Cominciamo col tracciare un
grafico dell’altezza H in funzione di t come in Fig. 6-18 (a). Per aver la base
del rettangolo prendiamo un oggetto che è fermo all’altezza H1
e seguiamo la sua linea d’universo per 100 secondi. Otteniamo la linea BD nella
parte (b) della figura, che è parallela all’asse t. Ora prendiamo un
altro oggetto che si trova 100 piedi sopra al primo al tempo t = 0. In partenza
ci si trova al punto A della Fig. 6-18 (c). Ora seguiamone la linea d’universo
per 100 secondi, misurati con l’orologio in A. L’oggetto va da A in C come si
vede nella parte (d) della figura. Ma si noti che siccome il tempo va a ritmo
diverso alle due altezze – si ammette che ci sia un campo gravitazionale – i due
punti C e D non sono simultanei. Se si cerca di completare il rettangolo
tracciando una retta fino al punto C che si trova 100 piedi sopra D, allo stesso
tempo – come in Fig. 6-18 (e) – i pezzi non si raccordano. E questo è ciò che si
intende quando si dice che lo spazio-tempo è curvo.”
In altre parole,
mentre per le ipotesi qui presentate, il fatto che i segmenti delle altezze A e
B, abbiano una lunghezza diversa, dipende dal fenomeno che la densità dello
spazio in dette altezze è diversa, per la RG detto fatto dimostra che lo
spazio-tempo è curvo.
In conclusione, secondo le presenti ipotesi, lo spazio è euclideo e possiede una
densità, e la velocità del tempo è funzione di detta densità.
Mentre per la RR lo spazio è "diventato" spazio-tempo, che per la RG è curvo.
In pratica, quindi, sia per la presente ipotesi che per la RG, si tratta dello stesso fenomeno, anche se visto da punti di vista diversi, pertanto tutto quanto previsto dalla RG, dovrebbero valere anche per il modello di Universo qui presentato.
3. MODELLO DI
UNIVERSO
Il rallentamento
della frequenza ondulatoria dei fotoni ed il conseguente allungamento della loro
lunghezza d'onda, dovuta all’espansione dello spazio, viene denominata dalla
Comunità Scientifica (CS) come “redshift cosmologico”.
Però nel
paragrafo 2.3 ho sostenuto che assieme a detto rallentamento di frequenza,
avviene anche un rallentamento degli orologi della stessa misura.
In conclusione,
quindi, l'espansione dello spazio non fa misurare, almeno direttamente, alcuna
riduzione della frequenza ondulatoria dei fotoni e, quindi, neanche il redshift
cosmologico.
E allora a cosa
sarebbe dovuto l’elevato valore del redshift rilevato nei fotoni provenienti
dagli oggetti celesti molto lontani?
Come dimostrerò qui
di seguito, è dovuto alla velocità di allontanamento del luogo dove si sta
muovendo l’oggetto celeste che riceve il fotone, rispetto al luogo dove si stava
muovendo l’oggetto celeste che l’ha emesso.
Quindi tale redshift
è comunque dovuto all’espansione dello spazio, in quanto è l’espansione che fa
allungare le distanze tra i luoghi dell’Universo e, quindi, fa aumentare le
velocità di allontanamento dei luoghi dell’Universo.
A sostegno di queste
ipotesi presento due tabelle:
- la prima, che
simula il viaggio dei fotoni di una galassia ad alto redshift, anche utilizzando
la luminosità apparente degli oggetti celesti ad alto redshift;
- la seconda, che
simula il viaggio della Radiazione Cosmica di Fondo (abbreviata in CMBR,
dall'inglese Cosmic Microwave Background Radiation).
3.1
Esemplificazione del modello di Universo
Per far meglio comprendere le due simulazioni sopracitate, le faccio precedere da una semplice esemplificazione.
Si immagini
l’Universo in espansione come una grande sfera di gomma che si stia gonfiando
continuamente e sulla cui superficie siano segnati moltissimi punti (raffigurano
luoghi dello spazio).
Si immagini poi una
galassia come un camioncino che si muova sulla superficie della sfera ad una
velocità di 0,1 m/s, ma restando sempre vicino ad uno dei punti.
Poi si immagini la
Terra come un altro camioncino, che si muova anch’esso nei pressi di un punto ad
una velocità di 0,1 m/s.
A causa
dell’espansione della sfera, i due punti citati si allontanano l’uno dall’altro
ad una determinata velocità e, di conseguenza, anche i due camioncini si
allontanano l’uno dall’altro alla stessa velocità (per precisione, più o meno
qualcosa in funzione della direzione del loro moto).
Si immaginino poi i
fotoni come un insieme di automobiline che si muovano sulla superficie della
sfera a velocità costante, poniamo di 1 m/s.
Si osserverà che a
causa della dilatazione della superficie della sfera, i punti si allontanano
l'uno dall'altro, per cui ogni automobilina avrà una velocità di 1 m/s rispetto
al punto sopra il quale sta transitando, ma una velocità diversa rispetto agli
altri punti segnati sulla superficie della sfera.
Se un'automobilina
parte dal punto del camioncino raffigurante la galassia, e va verso il punto del
camioncino raffigurante la Terra, alla partenza ha una velocità di 1 m/s
rispetto al punto di partenza, ma inferiore rispetto a quello di arrivo, in
quanto quest'ultimo si sta allontanando a causa della dilatazione della
superficie della sfera.
Ma durante il
viaggio aumenta sempre di più la sua velocità rispetto al punto di partenza, a
causa del continuo aumento della distanza tra il punto sul quale essa sta
transitando (sempre ad 1 m/s) ed il punto di partenza. Infine arriva alla
velocità di 1 m/s rispetto al punto di arrivo, il quale ha una determinata
velocità rispetto al punto di partenza. Pertanto l’automobilina avrà una
velocità superiore ad 1 m/s, di detta determinata velocità, rispetto al punto di
partenza.
3.2 Simulazione
del viaggio dei fotoni di una galassia ad alto redshift
Come ho scritto
sopra, lo spazio si sta espandendo alla stessa velocità in tutti i luoghi
dell’Universo. Pertanto ogni luogo si sta allontanando da ogni altro luogo, con
una velocità che dipende dalla distanza.
In pratica ogni
luogo può considerarsi come al centro dell’Universo, in quanto tutti gli altri
luoghi si allontanano da esso, ma anche perché i fotoni che lo percorrono, vi
hanno la stessa velocità, e cioè 300.000 km/s, in tutte le direzioni.
Ma se i fotoni hanno
una velocità di 300.000 km/s rispetto al luogo che stanno percorrendo, ed i
luoghi che via via percorrono si allontanano sempre più velocemente dal luogo
della loro emissione, ne consegue che anche i fotoni aumentano sempre più la
loro velocità rispetto al luogo di emissione.
Per esempio i fotoni
emessi da una galassia e diretti verso la Terra, nel momento dell'emissione
hanno una velocità di 300.000 km/s rispetto al luogo della galassia (per
precisione dovrei scrivere “luogo dove si sta muovendo”, perché ogni oggetto
celeste non è a riposo rispetto a detto luogo, ma per brevità scrivo solo
”luogo”), ma molto inferiore rispetto al luogo della Terra
(più precisamente dovrei scrivere “luogo dove si starà muovendo la Terra
nel momento dell’arrivo”, ma per brevità qui scrivo solo “luogo della Terra”),
perché esso si sta allontanando dal luogo della galassia.
Ma man mano che i
fotoni procedono verso il luogo della Terra, percorrendo luoghi che si
allontanano sempre più velocemente dal luogo della galassia, i fotoni aumentano
sempre di più la loro velocità rispetto al luogo della Terra, fino ad arrivarci
alla velocità di 300.000 km/s rispetto ad esso.
Tale aumento di
velocità corrisponde alla velocità del luogo ricevente rispetto a quello
emittente, e viene usato come fattore per calcolare il cosiddetto redshift
cosmologico, che si indica con il simbolo "z" . Il cui valore
incrementato di 1, corrisponde al rapporto tra la velocità della luce e la
differenza tra la stessa e la velocità del luogo ricevente rispetto a quello di
emissione (formula 3.2.1)
Dove “vr” sta per velocità del luogo del ricevente.
Questa è una formula dell'effetto Doppler, che considera il ricevente in moto e la sorgente ferma, dalla quale si può ottenere quella per la velocità del luogo ricevente e cioè (formula 3.2.2):
Invece la formula usata dalla CS, considera il ricevente fermo e la sorgente in moto, per cui il fattore z risulta dalla divisione tra la velocità della sorgente e quella della luce. Di conseguenza per trovare la velocità della sorgente conoscendo il fattore z, si deve moltiplicarlo per la velocità della luce (formula 3.2.3)
velocità sorgente = z x c
Ma per la CS il
fattore z si riferisce all’espansione dello spazio e non ad una velocità di
allontanamento tra i vari luoghi dello spazio.
Per precisione
faccio rilevare che oltre che dal redshift cosmologico, il fattore z è composto
anche dai redshift dovuti ai moti degli oggetti emittente e ricevente, rispetto
ai rispettivi luoghi, che se i valori del redshift sono elevati, risultano poco
rilevanti.
Per esempio un redshift di 0,59 misurato sulla Terra, indica che la Terra si sta allontanando dalla galassia, di 111.321 km/s.
Per far meglio
comprendere come funziona il tutto in base al mio modello di Universo, tramite
l’applicazione excel ho sviluppato una tabella di simulazione del viaggio verso
la Terra, dei fotoni di una galassia ad alto redshift, che espongo qui di
seguito.
Ho sviluppato la
tabella al solo scopo di dimostrare la sostenibilità della presente ipotesi per
cui, pur avendo cercato di ottenere risultati aderenti alla realtà, posso
presentarli solo a titolo di esempio.
Per quanto riguarda
i valori relativi al redshift, mi sono basato su quelli che ho trovato in un
articolo dell’astronomo Vincenzo Zappalà (2).
VIAGGIO VERSO LA TERRA, DEI FOTONI DI UNA GALASSIA AD ALTO REDSHIFT |
||||||||||||
Tempo |
-------- velocità sul luogo di partenza ---- ---- |
------ distanza ----- distanza progressiva -- |
||||||||||
Progr. |
luogo |
fotoni + |
Redshift |
luogo |
fotoni + |
luogo |
diff.za |
diff.za |
fotoni + |
luogo |
||
|
transito |
luogo |
z + 1 |
Terra |
luogo |
Terra |
|
|
luogo |
Terra |
||
A |
C |
D |
E |
F |
H |
I |
J |
K |
L |
M |
||
Part.za |
|
|
1,590 |
275.000 |
0,000 |
5,040 |
- 5,040 |
- 5,040 |
- |
5,040 |
||
1 |
18.217 |
318.217 |
1,450 |
224.095 |
1,061 |
0,747 |
0,314 |
- 4,726 |
1,061 |
5,787 |
||
2 |
35.201 |
335.201 |
1,340 |
185.427 |
1,117 |
0,618 |
0,499 |
- 4,227 |
2,178 |
6,405 |
||
3 |
51.321 |
351.321 |
1,250 |
156.548 |
1,171 |
0,522 |
0,649 |
- 3,577 |
3,349 |
6,926 |
||
4 |
66.640 |
366.640 |
1,175 |
135.745 |
1,222 |
0,452 |
0,770 |
- 2,808 |
4,571 |
7,379 |
||
5 |
81.591 |
381.591 |
1,110 |
121.795 |
1,272 |
0,406 |
0,866 |
- 1,942 |
5,843 |
7,785 |
||
6 |
96.492 |
396.492 |
1,052 |
113.866 |
1,322 |
0,380 |
0,942 |
- 1,000 |
7,165 |
8,164 |
||
7 |
111.321 |
411.321 |
1,000 |
111.321 |
1,371 |
0,371 |
1,000 |
0,000 |
8,536 |
8,536 |
||
I valori delle velocità sono in km per secondo. |
||||||||||||
I valori delle distanze sono in miliardi di anni luce. |
||||||||||||
I valori del tempo sono in miliardi di anni. |
||||||||||||
VALORI POSTATI: |
||||||||||||
Velocità del luogo Terra alla partenza |
275.000 |
|
||||||||||
Distanza del luogo Terra alla partenza |
5,040 |
|||||||||||
Valori del Redshift da articolo Zappalà |
Espongo qui di seguito le modalità che ho seguito per calcolare i valori esposti in tabella, ma in generale, perché un’esposizione precisa sarebbe troppo lunga, (però potrei inviare la tabella in formato excel, a chi me lo chiedesse).
Premetto che rispetto al foglio di lavoro excel, dal quale è stata ricavata la tabella, per mancanza di spazio orizzontale ho dovuto nascondere due colonne: la prima, che sarebbe stata contrassegnata dalla lettera B, che contiene la velocità dei fotoni rispetto ai luoghi percorsi, e cioè sempre 300.000 km/s in ogni casella; la seconda, che sarebbe stata contrassegnata dalla lettera G, che contiene la distanza percorsa dai fotoni rispetto ai luoghi, e cioè sempre 1 miliardo di anni luce in ogni casella.
Prima di tutto, per
ogni periodo, in base al redshift ho calcolato la velocità media con la quale i
luoghi dello spazio via via percorsi dai fotoni, si stanno allontanano dal luogo
della galassia, usando formule ricavate dalla 3.2.2, e l’ho inserita nelle
caselle della colonna “velocità luogo di transito” (contrassegnata dalla
lettera C).
Poi ho sommato tale
velocità a quella della luce rispetto ai luoghi percorsi (300.000 km/s),
inserendo il risultato nelle caselle della colonna “velocità fotoni + luogo” (D).
Indi ho calcolato la
distanza percorsa dai fotoni, dividendo i valori esposti nella colonna “velocità
fotoni + luogo” (D) per 300.000, ed ho inserito i valori progressivi
nelle casella della colonna “distanza fotoni + luogo” (H).
Poi ho ottenuto ed
inserito i suoi valori progressivi nelle caselle della colonna “distanza
progressiva fotoni + luogo” (L).
Come si può
osservare, nell’ultima casella risulta il valore di 8,536 miliardi di anni luce,
che corrisponde alla somma della distanza totale percorsa dai fotoni con la
distanza di allontanamento dei luoghi percorsi, somma che corrisponde alla
distanza attuale tra il luogo della galassia e quello della Terra.
Poi tramite una
formula sulla luminosità apparente (3.3.1), la cui spiegazione si può trovare
nel paragrafo 3.3 (per spiegare meglio la formula, avevo bisogno della tabella,
quindi ho dovuto posporre la spiegazione), ho ricavato il rapporto tra la
distanza attuale e quella del momento dell’emissione dei fotoni, rapporto che
corrisponde al fattore di espansione dello spazio durante il viaggio dei fotoni,
ed poi ho calcolato la distanza al momento dell’emissione dei fotoni, che
risulta di 5,040 miliardi di anni luce.
Poi, grazie alle
funzioni di excel, ho variato dicotomicamente la velocità della Terra alla
partenza, fino a quando nell’ultima casella della colonna “distanza progressiva
– diff.za” (K) è stato ottenuto il valore 0 (Terra raggiunta), e così per
ogni periodo ho ottenuto la velocità media di allontanamento del luogo della
Terra da quello della galassia, che ho calcolato in funzione dei redshift dei
vari periodi e che ho inserito nelle caselle della colonna “velocità luogo
Terra” (F).
Infine, per ogni
periodo ho calcolato anche la distanza di allontanamento del luogo della Terra
rispetto a quello della galassia, e ho inserito il suo valore della colonna
“distanza luogo Terra” (I), mentre ho inserito il suo valore progressivo
nelle caselle della colonna “distanza progressiva luogo Terra” (M).
Dalla tabella si può
rilevare che all’inizio del viaggio il luogo della Terra si trova a 5,040
miliardi di anni luce di distanza da quello della galassia, luogo che a causa
dell’espansione dello spazio tra esso stesso e quello della galassia, si sta
allontanando alla velocità di 275.000 km/s dal luogo della galassia, facendo
così allontanare anche la Terra nei confronti della galassia.
Nei periodi
successivi risulta che la velocità con la quale il luogo della Terra si
allontana da quello della galassia, diminuisce, di conseguenza risulta che
l’espansione dello spazio, decelera (questo fenomeno verrà ripreso anche nel
paragrafo 3.4).
Infine quando i
fotoni arrivano alla Terra, il luogo della Terra si trova a 8,536 miliardi di
anni luce da quello della galassia, e la sua velocità di allontanamento da
quello della galassia, risulta di 111.321 km/s.
Durante il loro
viaggio, sempre a causa dell’espansione dello spazio, anche i fotoni variano di
velocità rispetto al luogo della galassia, ma in aumento, perché transitano in
luoghi sempre più lontani da quello della galassia e che, quindi, si allontanano
sempre più velocemente dalla galassia.
Infine i fotoni
arrivano al luogo della Terra, alla velocità di 300.000 km/s rispetto ad esso,
ma di 411.321 km/s rispetto al luogo della galassia.
3.3 Formula per
il calcolo della luminosità apparente degli oggetti celesti ad alto redshift
Qui di seguito,
utilizzando come esempio i dati della tabella esposta nel paragrafo precedente,
presento una formula che credo più compatibile con le osservazioni di quella
sostenuta dalla CS, per ottenere l’espansione dello spazio avvenuta durante il
viaggio dei fotoni di un oggetto celeste ad alto redshift, utilizzando la sua
luminosità apparente. Cosa che ritengo importante anche per dimostrare che
l’espansione dell’Universo sta decelerando, anziché accelerando come sostenuto
dalla CS, basandosi proprio sulla luminosità apparente degli oggetti celesti ad
alto redshift, come le supernove di tipo Ia.
Infatti ecco cosa ha
scritto il fisico Matteo Billi nella sua tesi di laurea (3):
“Le SNe Ia vengono
utilizzate in cosmologia come indicatori di distanza. Nel 1998 due team di
ricerca, il Supernova Cosmology Project e l’High-z Supernova Search Team
compirono degli studi su un campione di SNe in galassie lontane a z = 0.2
÷ 0.9. Da questi lavori emerse che le luminosità apparenti erano
tipicamente inferiori del 25% rispetto ai valori attesi. Questo indica che tali
oggetti si trovano ad una distanza di luminosità superiore a quella prevista da
modelli d’Universo dominati da materia. Venne quindi determinata per la prima
volta l’evidenza di un Universo in condizione di espansione accelerata.”.
Per la formula qui presentata, i fattori per i quali dividere la luminosità assoluta (L) per ottenere quella apparente (l), sono i seguenti.
1. Area della superficie della sfera con raggio corrispondente alla distanza percorsa dai fotoni (F) rispetto ai luoghi via via attraversati (per problemi di spazio tale distanza non è stata esposta in tabella, ma corrisponde alla velocità della luce, per il numero degli anni, e cioè a 7 miliardi di anni luce). Perché mano a mano che si muovono, i fotoni si distribuiscono in una superficie di sfera sempre più ampia, in quanto il suo raggio si allunga. Ma va considerata solo la distanza percorsa dai fotoni rispetto ai luoghi via via attraversati, e non anche la distanza alla quale si sono allontanati i luoghi attraversati rispetto al luogo della galassia, a causa dell’espansione dello spazio, in quanto questo allontanamento viene considerato nel secondo fattore.
2. Rapporto tra la distanza attuale (d1) e la distanza iniziale (d2) al cubo. Questo rapporto corrisponde all’espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio (E), che è uniforme in tutti i luoghi dell’Universo e, quindi, anche in quelli dove sono transitati i fotoni della galassia (sono rispettivamente l’ultimo ed il primo valore, della colonna “distanza progressiva luogo Terra” (M)). Il valore dell’espansione va elevato al cubo, in quanto si tratta di un’espansione volumetrica, che quindi avviene sulle tre dimensioni spaziali.
Quindi la formula è la seguente:
e sostituendo il fattore E con i fattori relativi alle distanze attuale e iniziale, si ha la seguente formula (formula 3.3.1):
Mentre la formula usata dalla CS, che ho trovato in rete (4), è la seguente (formula 3.3.2):
Dove "D"
rappresenta la distanza attuale tra l’emittente ed il ricevente.
Per quanto riguarda
il fattore (1 + z), in base a quanto ho trovato in rete, va elevato al quadrato
per i seguenti motivi:
“- un fattore è
necessario per tenere conto del fatto che ogni fotone perde energia a causa del
redshift;
- un secondo fattore
è dovuto al fatto che anche il ritmo di arrivo dei fotoni è inferiore al ritmo
di emissione ancora per lo stesso fattore”.
Quindi la formula
della CS considera come raggio della sfera la distanza attuale e non la distanza
effettivamente percorsa dai fotoni (quindi senza quella dovuta all’espansione),
come giustificato nella spiegazione della mia formula.
Inoltre il fattore
di espansione sostenuto dalla CS, viene elevato al quadrato anziché al cubo.
Per cui rispetto
alla mia formula, si ha il fattore D che ha un valore maggiore del
fattore F ed il fattore che esprime l’espansione dello spazio (1 + z)
al quadrato, che dovrebbe corrispondere ad un valore minore rispetto al fattore
E al cubo.
Queste differenze
dovrebbero essere dovute ad interpretazioni diverse sulle cause della riduzione
di luminosità che avviene durante il viaggio dei fotoni.
Preciso che i valori relativi al redshift cosmologico (0,59) ed alla distanza attuale tra emittente e ricevente (8,68), li ho ricavati dall’articolo di Zappalà (2) già citato, e sono relativi ai fotoni emessi 7 miliardi di anni fa da un oggetto celeste. Ho scelto il redshift di 0,59 (e quindi i fotoni emessi 7 miliardi di anni fa da una galassia), in quanto è il più vicino alla media tra i redshift minimo e massimo citati nella tesi di Matteo Billi (3), e cioè (0,2 ÷ 0,9), per cui dovrebbe valere anche il 25% di luminosità in meno citato nella tesi, che dovrebbe corrispondere ad una media di riduzioni di luminosità.
Per ottenere l’espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio dei fotoni, mi basta usare solo alcuni fattori di ciascuna delle due formule, in quanto gli altri fattori sono uguali.
Faccio rilevare che utilizzando solo parte del denominatore e la distanza in miliardi di anni luce, non ricavo il valore reale della luminosità apparente, ma un indice di luminosità apparente, che posso utilizzare per fare dei rapporti tra risultati relativi a luminosità apparenti e che per lo scopo di questo articolo, ritengo sia sufficiente.
Per quanto riguarda la formula della CS, i fattori sono quelli contenuti nell’espressione D²·(1 + z)²,dalla quale risulta:
8,68² x (1 + 0,59)² = 75,3424 x 2,5281 = 190,473
Poiché in base a quanto riportato nella tesi di laurea di Billi (3), dalle osservazioni risulta che la luminosità apparente osservata è del 25% inferiore a quella calcolata (naturalmente in base alla formula della CS), trovo il valore dell’indice di luminosità apparente, incrementando quest’ultima del 25%.
190,473 x 1,25% = 238,108
Questo valore mi serve per calcolare il rapporto tra la distanza attuale e la distanza alla partenza dei fotoni, tra la Terra ed il luogo di partenza dei fotoni e, quindi, il fattore di espansione dello spazio durante il viaggio dei fotoni.
Nella corrispondente espressione usata dalla mia formula, e cioè , valorizzo i dati conosciuti ed ottengo:
Poi divido per 49 (7 x 7) i due membri ed estraggo la radice cubica del membro a destra:
Che costituisce il rapporto di espansione dello spazio durante il viaggio dei fotoni della galassia.
Infine, con l’ultimo passaggio
d0 = 5,040
ottengo la distanza
tra il luogo della Terra e quello della galassia emittente, all’inizio del
viaggio.
Poi inserisco questa
distanza nella tabella e potrò così completare la simulazione del viaggio dei
fotoni della galassia, con la modalità esposta nel paragrafo precedente.
Per maggior
chiarezza riassumo le modalità di calcolo.
Prima utilizzo i
redshift dei vari periodi, per simulare il viaggio dei fotoni fino al loro
arrivo sulla Terra, ottenendo la distanza percorsa dai fotoni comprensiva di
quella dovuta all’espansione dello spazio che, in pratica, corrisponde alla
distanza attuale tra la galassia e la Terra.
Poi applicando la
formula 3.3.1, utilizzo la luminosità apparente osservata per trovare la
distanza tra la galassia e la Terra, alla partenza dei fotoni.
Ed infine completo
la simulazione modificando dicotomicamente la velocità con la quale al Terra si
stava allontanando dalla galassia, alla partenza dei fotoni.
In breve uso i
redshift per trovare la distanza attuale e poi uso la luminosità apparente per
trovare l’espansione dello spazio.
Alcune
considerazioni sui risultati della simulazione e sulla mia formula.
Faccio rilevare che
c’è una lieve differenza tra la distanza attuale usata dalla formula della CS,
che è di 8,68 miliardi di anni luce ed è stata ricavata dall’articolo di Zappalà
(2), e quella usata dalla mia formula, che è di 8,536 ed è stata ricavata
dallo sviluppo della simulazione qui presentata. Ciò è dovuto al fatto che io ho
considerato i redshift cosmologici come fattori per il calcolo delle velocità di
recessione di ciascun periodo, per ottenere la distanza attuale.
Infatti dei dati di
Zappalà, considero soltanto i redshift di ogni periodo, che utilizzo per
calcolare la velocità dei luoghi nei quali stanno transitando i fotoni, rispetto
al luogo dove sono stati emessi.
Per quanto riguarda
la distanza iniziale, la differenza è maggiore in quanto l’articolo di Zappalà
la indica in 5,46 miliardi di anni luce, mentre per la mia simulazione risulta
di 5,04. Ciò è dovuto al fatto che io ho considerato un’espansione dello spazio
maggiore, per giustificare la minore luminosità apparente osservata delle
supernove di tipo Ia.
Volendo considerare
valida la distanza di 8,68 miliardi di anni luce, anziché quella ottenuta dalla
simulazione, applicando la mia formula sulla luminosità apparente, si ottiene
una distanza iniziale di 5,12, che comunque è vicina ai 5,04 della mia
simulazione.
Però i cosmologi che
volessero valutare le distanze in base al mio modello di Universo, dovrebbero
ottenere delle distanze minori di quelle esposte nell’articolo di Zappalà
(perché dovrebbero considerare una maggior espansione dello spazio e quindi una
maggiore riduzione della luminosità apparente in funzione della distanza) e,
quindi, potrebbero anche risultare inferiori a quelle ottenute dalla
simulazione. Che comunque non sono molto precise, perché considerano una
velocità media di recessione, per ciascun miliardo di anni.
In conclusione,
volendo basarsi sul modello di Universo qui considerato, i risultati delle
osservazioni andrebbero rivalutati, pur sapendo, in ogni caso, che si tratta di
valutazioni che possono solo avvicinare alla realtà.
3.4 Simulazione
del viaggio dei fotoni della radiazione di fondo
In base alla teoria
del Big Bang, circa 380.000 anni dopo l’inizio della sua espansione, l’Universo
è diventato trasparente alla radiazione, per cui un’enorme quantità di fotoni ha
iniziato a propagarsi liberamente (5, 6).
I fotoni sono
partiti da luoghi diversi dell'Universo ed hanno viaggiato in direzioni casuali,
per cui una parte di essi ha viaggiato in direzione del luogo della Terra.
Da allora tali
fotoni, che vengono denominati come CMBR, hanno continuato ad arrivare sulla
Terra, a cominciare da quelli partiti dai luoghi più vicini e poi via via, da
quelli sempre più lontani.
Durante il viaggio i
fotoni si trovano a percorrere luoghi che a causa dell’espansione dello spazio,
si allontanano sempre più velocemente dai luoghi di partenza, per cui anch’essi
aumentano la loro velocità rispetto ai luoghi di partenza, fino ad arrivare al
luogo della Terra, alla velocità di 300.000 km/s rispetto ad esso, ma molto
superiore rispetto ai luoghi della loro partenza.
Ed aumentando la
velocità aumenta anche il redshift.
Durante il tempo
trascorso da allora, lo spazio ha continuato ad espandersi e, di conseguenza, è
aumentata la velocità di allontanamento del luogo della Terra da quello di
partenza dei fotoni della CMBR.
Così anche il
redshift è andato via via aumentando, fino ad arrivare ai valori attuali, di
circa 1.100.
Quindi, attualmente,
applicando la formula 3.2.2, esposta nel paragrafo 3.2, la velocità del luogo
della Terra rispetto ai luoghi di partenza dei fotoni della CMBR, risulta di
circa 299.728 km/s.
Utilizzando questo redshift ed anche quelli dei vari periodi, e con modalità simili a quelle usate per la simulazione relativa alla galassia, ho sviluppato una tabella che simula il viaggio dei fotoni della CMBR dalla loro partenza all’arrivo sulla Terra, prevedendo delle variazioni di velocità dei fotoni (dovuti al moto dei luoghi da loro via via percorsi) e del luogo della Terra, rispetto al luogo di partenza.
In breve risulta che nel periodo iniziale il luogo della Terra si allontana più velocemente e distanzia i fotoni, i quali in seguito, grazie alla decelerazione dell’espansione e, quindi, della velocità di allontanamento del luogo della Terra, recuperano il ritardo e lo raggiungono.
VIAGGIO DEI FOTONI DELLA CMBR, VERSO LA TERRA |
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Tempo |
----- velocità sul luogo di partenza ------ |
-------- distanza ------------ --------- progressiva --------- |
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Progr. |
Luogo transito |
fotoni + luogo |
Redshift z |
Luogo Terra |
fotoni +luogo |
luogo Terra |
diff.za |
Diff.za |
Fotoni + luogo |
Luogo Terra |
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A |
C |
D |
E |
F |
H |
I |
J |
K |
L |
M |
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Part.za |
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1.100 |
1929.200 |
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0,010 |
|
|
|
0,010 |
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|||||||||||||
0,5 |
540 |
300.540 |
8,260 |
1355.240 |
0,501 |
2,259 |
- 1,758 |
- 1,758 |
0,501 |
2,259 |
|
|
|||||||||||||
1,0 |
39.814 |
339.814 |
4,810 |
980.157 |
0,566 |
1,634 |
- 1,067 |
- 2,825 |
1,067 |
3,892 |
|
|
|||||||||||||
2,0 |
63.492 |
363.492 |
2,640 |
766.357 |
1,212 |
2,555 |
- 1,343 |
- 4,168 |
2,279 |
6,447 |
|
|
|||||||||||||
3,0 |
93.458 |
393.458 |
1,780 |
639.512 |
1,312 |
2,132 |
- 0,820 |
- 4,988 |
3,590 |
8,579 |
|
|
|||||||||||||
4,0 |
118.110 |
418.110 |
1,300 |
551.122 |
1,394 |
1,837 |
- 0,443 |
- 5,432 |
4,984 |
10,416 |
|
|
|||||||||||||
5,0 |
139.535 |
439.535 |
1,000 |
485.117 |
1,465 |
1,617 |
- 0,152 |
- 5,583 |
6,449 |
12,033 |
|
|
|||||||||||||
6,0 |
159.574 |
459.574 |
0,760 |
434.608 |
1,532 |
1,449 |
0,083 |
- 5,500 |
7,981 |
13,481 |
|
|
|||||||||||||
7,0 |
179.104 |
479.104 |
0,590 |
395.866 |
1,597 |
1,320 |
0,277 |
- 5,223 |
9,578 |
14,801 |
|
|
|||||||||||||
8,0 |
197.368 |
497.368 |
0,450 |
366.020 |
1,658 |
1,220 |
0,438 |
- 4,785 |
11,236 |
16,021 |
|
|
|||||||||||||
9,0 |
215.054 |
515.054 |
0,340 |
343.348 |
1,717 |
1,144 |
0,572 |
- 4,213 |
12,953 |
17,165 |
|
|
|||||||||||||
10,0 |
231.660 |
531.660 |
0,250 |
326.417 |
1,772 |
1,088 |
0,684 |
- 3,528 |
14,725 |
18,254 |
|
|
|||||||||||||
11,0 |
246.914 |
546.914 |
0,180 |
314.077 |
1,823 |
1,047 |
0,776 |
- 2,752 |
16,548 |
19,300 |
|
|
|||||||||||||
12,0 |
262.009 |
562.009 |
0,110 |
305.754 |
1,873 |
1,019 |
0,854 |
- 1,898 |
18,422 |
20,320 |
|
|
|||||||||||||
13,0 |
277.778 |
577.778 |
0,050 |
301.162 |
1,926 |
1,004 |
0,922 |
- 0,976 |
20,347 |
21,324 |
|
|
|||||||||||||
14,0 |
292.683 |
592.683 |
0,000 |
299.728 |
1,976 |
0,999 |
0,977 |
0,000 |
22,323 |
22,323 |
|
|
|||||||||||||
Arrivo |
299.728 |
599.728 |
|
299.728 |
|
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|||||||||||||
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||||||||||||
I valori della velocità sono in km/s. |
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||||||||||||||||
I valori della distanza sono in miliardi di anni luce |
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|||||||||||||||||
I valori del tempo sono in miliardi di anni |
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VALORI POSTATI |
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Velocità iniziale luogo della Terra |
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1929.200 |
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Distanza iniz. luogo Terra |
0,010 |
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Faccio osservare che alla fine del viaggio il luogo della Terra risulta lontano dal luogo di partenza della CMBR di circa 22 miliardi di anni luce (ultimo valore della colonna M). Valore che corrisponde al cosiddetto raggio dell’Universo osservabile.
Faccio anche rilevare che così come nella simulazione del viaggio dei fotoni della galassia, in base alla riduzione della velocità di allontanamento del luogo della Terra (F), risulta che l’espansione dell’Universo sia in decelerazione.
Per poter effettuare
un confronto, ho provato a simulare il viaggio della CMBR anche in base al
modello di Universo della CS, e ne è risultato un raggio di Universo
estremamente più elevato di quello del modello di Universo qui presentato e,
comunque, una velocità di espansione in fortissima decelerazione.
La differenza della
lunghezza del raggio di Universo osservabile, tra i due modelli di Universo, è
dovuta al fatto che nel presente modello viene usata la formula dell’effetto
Doppler che vede la sorgente ferma e il ricevente in moto, mentre nel modello di
Universo della CS, viene usata la formula che vede il ricevente fermo e la
sorgente in moto, con la conseguenza che vengono ottenuti valori di espansione
molto più elevati, anche se la CS considera il redshift come un fattore di
espansione dello spazio (vedasi paragrafo 3.2).
Ho provato anche prevedere una velocità di espansione in accelerazione, ma non è risultato proprio possibile far arrivare la CMBR alla Terra, il che costituisce un punto molto importante a favore del modello di Universo qui presentato.
Vorrei fare
un’ultima considerazione su questa simulazione.
Poiché, come ho
scritto nel capitolo 2, lo scorrere del tempo varia in funzione della densità
dello spazio e, quindi, verso il passato scorreva via via più velocemente, se ci
fosse stato un orologio che avesse misurato il tempo sempre alla attuale
velocità (potremmo immaginarlo come al di fuori dell’Universo), la vita
dell’Universo sarebbe risultata inferiore ai 14 miliardi di anni. Naturalmente
ho effettuato delle simulazioni ed è risultato che la sua vita sarebbe risultata
di meno di 8 miliardi di anni.
3.5 Dimostrazione
che il redshift non può essere il fattore di espansione dello spazio, così come
considerato dalla Comunità Scientifica
In base alla tesi di
laurea citata nel paragrafo 3.3, per la galassia oggetto della simulazione nel
paragrafo 3.2, la luminosità apparente osservata risulta di circa il 25% minore
rispetto a quella attesa, e cioè a quella risultante dall’applicazione della
formula della CS. Il che indicherebbe che la galassia si trova
ad una distanza maggiore di quella
prevista da modelli di Universo dominati da materia, per cui sarebbe determinata
l’evidenza di un Universo in espansione accelerata.
In parole povere,
ciò significherebbe che la distanza attuale osservata della galassia, sarebbe
maggiore di quella risultante dall’applicazione della formula della luminosità
apparente, e cioè di quella attesa.
Per far comprendere
meglio di cosa si tratta, espongo qui di seguito il calcolo della distanza
attuale conoscendo quella iniziale ed il redshift.
Distanza attuale = Distanza iniziale x (1 + z)
Distanza attuale = 5,46 x (1 + 0,59) = 8,68
che corrisponde al valore esposto nell’articolo di Zappalà (2) come distanza attuale.
Ma se la distanza
attuale osservata fosse veramente maggiore, significherebbe, naturalmente, che
anche l'espansione dello spazio sarebbe stata maggiore di quella risultante
utilizzando il fattore (1 + z).
Ma in questo caso
anche il redshift dei fotoni, e quindi il fattore (1 + z) stesso, sarebbe stato
maggiore di quello considerato, perché la maggiore espansione dello spazio si
sarebbe riflessa anche sulla lunghezza d'onda dei fotoni e, quindi, sul fattore
(1 + z).
E quindi la distanza
attuale sarebbe risultata maggiore.
Ma dato che il
fattore (1 + z) è quello osservato e non può aumentare, neanche la distanza
attuale può aumentare.
Per cui se la
distanza attuale risulta maggiore di quella attesa, può solo significare che il
fattore (1 + z) non rappresenta l’espansione dello spazio avvenuta durante il
viaggio dei fotoni.
Le stesse
considerazioni valgono anche per la luminosità apparente, anche se il
ragionamento da fare è un po’ più complesso. Eccolo.
Come sopra esposto,
se la distanza attuale fosse veramente maggiore, significherebbe che
l’espansione dello spazio sarebbe stata maggiore di quella risultante
utilizzando il fattore (1 + z).
Ma in questo caso
anche il redshift dei fotoni sarebbe stato maggiore e quindi il fattore (1 + z)
stesso sarebbe stato maggiore.
Pertanto sarebbero
risultati maggiori anche i valori dei fattori al denominatore della formula,
corrispondenti sia alla distanza attuale (che, come sopra esposto, dipende dal
fattore (1 + z)) che all’espansione dello spazio (1 + z), per cui sarebbe
aumentato il valore totale del denominatore della formula, riducendo il suo
risultato.
E quindi la
luminosità apparente attesa sarebbe risultata minore.
Ma dato che il
fattore (1 + z) è quello osservato e non può aumentare, neanche la luminosità
apparente può diminuire.
Per cui se la
luminosità apparente osservata risulta minore di quella attesa, può solo
significare che il fattore (1 + z) non rappresenta l’espansione dello spazio
avvenuta durante il viaggio dei fotoni.
In conclusione le
considerazioni sopra esposte dimostrano che il modello di Universo adottato, e
cioè il fatto che l’Universo sia o non sia dominato dalla materia, non c’entra
col fatto che la luminosità apparente osservata sia inferiore a quella attesa,
perché dette considerazioni valgono per qualsiasi modello di Universo.
Per cui il
ragionamento che il fatto che la luminosità apparente osservata sia inferiore a
quella attesa, dimostrerebbe che non è stato adottato il giusto modello di
Universo, non è valido.
Pertanto non è
valida neanche la conseguenza di detto ragionamento, e cioè che l’Universo
risulti in espansione accelerata.
A sostegno della mia affermazione, riporto quanto ha scritto in merito il professor Alberto Franceschini dell’Università di Padova, in un suo corso di cosmologia (7), dove giustamente non ha motivato detta differenza con l’espansione dell’Universo in accelerazione: “Un risultato non comprensibile con la fisica che abbiamo sinora utilizzato nella nostra descrizione dell'Universo. Dobbiamo probabilmente fare ricorso ad una nuova fisica.”.
A mio parere, quindi, per giustificare la differenza tra la luminosità apparente attesa e quella osservata, è necessario trovare quale sia il fattore che rappresenti veramente l’espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio, cosa che farò qui di seguito.
Come ho dimostrato
tramite una simulazione tabellare del viaggio dei fotoni della galassia, esposta
nel paragrafo 3.2, il redshift cosmologico è dovuto alla velocità di recessione
del luogo dello spazio dove si trova la Terra alla ricezione dei fotoni, nei
confronti del luogo dello spazio dove sono stati emessi i fotoni, e deve essere
utilizzato come un fattore per calcolare una velocità e non come un fattore per
calcolare un’espansione dello spazio.
Infatti in detta
simulazione, che si basa su un modello di Universo diverso da quello considerato
dalla CS, ho utilizzato i redshift cosmologici dei vari periodi del viaggio (coi
quali ho calcolato le varie velocità di recessione), per calcolare la distanza
attuale del luogo dello spazio dove si trova la Terra, dal luogo dello spazio
dove si trovava l’oggetto celeste quando ha emesso i fotoni.
E poi, tenendo conto
della riduzione di luminosità dovuta alla distanza effettivamente percorsa dai
fotoni, ho utilizzato la luminosità apparente osservata per calcolare il fattore
di espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio, fattore che mi è servito
per calcolare la distanza all’inizio del viaggio.
E, come si può
vedere dai risultati della simulazione esposti in calce di questo paragrafo, è
risultato che il valore del fattore di espansione dello spazio è maggiore del
valore del redshift cosmologico.
Per calcolare tali velocità ho applicato la formula dell’effetto Doppler con l’emittente fermo e il ricevente in moto (come è realistico ipotizzare in base alla simulazione), e cioè (formula 3.2.2):
velocità ricevente = c - c / (1 + z) ,
per cui il valore 0,59 di z, corrisponde ad una velocità di allontanamento del ricevente rispetto all’emittente, di 111.321 km/s.
Mentre in base alla RR, per la quale ogni Sistema di Riferimento (SR) vede ogni altro SR in moto rispetto a se stesso (quindi con una visione tolemaica e pertanto irrealistica dell’Universo), si dovrebbe applicare la formula col ricevente fermo e l’emittente in moto, e cioè:
velocità emittente = z x c
per cui il valore
0,59 di z, corrisponderebbe ad una velocità di allontanamento dell’emittente
rispetto al ricevente, di 177.000 km/s.
Però tale formula
presenta un grosso problema, perché dalle osservazioni risulta che i fotoni
provenienti dagli oggetti celesti molto lontani, hanno dei redshift con valori
ben superiori a 1. Il che significherebbe che la loro velocità di allontanamento
sarebbe ben superiore a quella della luce, cosa che sarebbe impossibile in
quanto, in questo caso, la loro luce non sarebbe riuscita ad arrivare sulla
Terra (questo problema non esiste se si applica la formula con l'emittente fermo
ed il ricevente in moto, perchè la velocità del ricevente risulta sempre
inferiore a quella della luce, qualsiasi sia il valore del redshift).
Pertanto volendo
rispettare la RR, non si può considerare il redshift come dovuto alla velocità
di allontanamento dell’emittente rispetto alla Terra.
Infatti la CS l’ha
considerato come dovuto direttamente all’espansione dello spazio.
Ma così risulta che
la luminosità apparente osservata è inferiore a quella attesa.
In conclusione il tutto dimostra che la RR non risulta compatibile con le osservazioni e che, quindi, risulta falsificata dal fatto che la luminosità apparente osservata delle supernove di tipo Ia, è inferiore a quella attesa.
Espongo qui di seguito i risultati significativi per il presente paragrafo relativi alla simulazione esposta nel paragrafo 3.2.
Distanza
iniziale = 5,04 miliardi di anni luce;
Distanza
attuale = 8,54 miliardi di anni luce;
F - distanza
percorsa dai fotoni = 7 miliardi di anni luce;
z (redshift
cosmologico dovuto a velocità recessione luogo della Terra) = 0,59;
Fattore di Espansione
dello spazio = (8,54 – 5,04) : 5,04 = 0,69.
La velocità di
espansione dello spazio, risulta in decelerazione.
4. CONCLUSIONI
Con questo articolo ho esposto alcune ipotesi compatibili con la teoria sul moto relativo allo spazio in espansione (1), che riassumo brevemente qui di seguito, su determinati fenomeni fisici.
4.1 Espansione
dell’Universo
L’Universo è composto da un’infinità di piccolissime particelle di una uguale quantità di spazio (una sostanza che tende ad espandersi), che ho denominato come "quanti di spazio" e che tendono ad espandersi continuamente, causando l’espansione dell’Universo.
4.2 Gravità
La materia è formata
da insiemi dinamici di quanti di spazio compressi e consente una maggiore
espansione dei quanti vicini ad essa e poi via via di quelli più lontani.
Ogni oggetto
materiale tende a muoversi verso i luoghi dove i quanti di spazio sono più
espansi, e cioè verso altri oggetti materiali.
4.3 Velocità
della luce variabile
La velocità della
luce dipende dall’espansione dei quanti di spazio dei luoghi nei quali transita,
ma poiché anche gli orologi si muovono in funzione di detta espansione, se
misurate, sia la velocità che la frequenza della luce risultano sempre le
stesse.
Pertanto, nel
passato, quando l’espansione dello spazio era minore, la velocità della luce era
maggiore.
4.4 Redshift
cosmologico
Il redshift
cosmologico è dovuto alla velocità di recessione del luogo dell’oggetto celeste
che riceve il fotone, rispetto al luogo dell’oggetto celeste che l’ha emesso.
A sostegno di queste
ipotesi ho presentato due tabelle che simulano il viaggio dei fotoni di una
galassia ad alto redshift e quello dei fotoni della CMBR e, soprattutto, una
formula che utilizza la luminosità apparente di un oggetto celeste ad alto
redshift, per ricavare l'espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio dei
fotoni verso la Terra.
Il tutto fa
risultare che la velocità di espansione dell’Universo sia in decelerazione, e
non in accelerazione come sostenuto attualmente dalla CS, in base al suo modello
di Universo.
In conclusione credo di aver dimostrato che il modello di Universo qui presentato, è almeno più compatibile con le osservazioni, di quello sostenuto dalla CS.
RIFERIMENTI
1. Dino
Bruniera – Teoria sul moto relativo allo spazio in espansione;
2.
Vincenzo Zappalà – C’è
distanza e distanza - pubblicato in “astronomia.com”.
3.
Matteo Billi - Vincoli
cosmologici da supernovae ad alto redshift – Sommario – pagina V.
4.
Annibale D'Ercole –
L’accelerazione dell’universo.
5.
Wikipedia, edizione
italiana – Radiazione di fondo – Caratteristiche. ;
6. Amedeo
Balbi – La musica del Big Bang – Capitolo 2, Paragrafo “Il lungo addio”. 2007 -
54-60;
7. A.
Franceschini – Corso di cosmologia – Paragrafo 10.1.
8. Richard Feynman – SIX NOT-SO-EASY PIECES
https://nirstern.files.wordpress.com/2016/04/six-not-so-easy-pieces.pdf
Dino Bruniera
E-mail: dino.bruniera@gmail.com