IPOTESI BASATE SULLA TEORIA SUL MOTO RELATIVO ALLO SPAZIO IN ESPANSIONE
RIASSUNTO
Nella teoria sul
moto relativo allo spazio in espansione (1), ho affermato che da essa si
possono derivare ulteriori ipotesi sui vari fenomeni dell'Universo, più
compatibili con le osservazioni.
Ed ora, con questo articolo, mi propongo di esporre tali ipotesi, che spiegano
vari fenomeni dell’Universo in una modalità compatibile con detta teoria e più
aderente con le osservazioni rispetto a quella attualmente sostenuta dalla
Comunità Scientifica (CS).
Ecco, in breve, le
ipotesi.
L’Universo è composto esclusivamente da un’infinità di quanti di spazio che
tendono ad espandersi, causando anche la propria espansione.
La materia si manifesta su insiemi di quanti di spazio, che vengono mediamente
compressi, consentendo ai quanti vicini e poi via via a quelli più lontani, di
espandersi di più.
La gravità è dovuta al fatto che ogni oggetto tende a muoversi verso i quanti di
spazio più espansi e, quindi, verso altri oggetti. L'espansione dello spazio è
vista dalla Relatività Generale (RG), come la curvatura dello spazio-tempo,
pertanto, poiché si tratta dello stesso fenomeno, valgono le stesse leggi
fisiche. Presento anche una
modifica alla formula della gravità universale, per renderla compatibile con
questo modello di Universo.
La velocità della luce dipende dal grado di espansione dei quanti di spazio dei
luoghi nei quali essa transita, nel senso che maggiore è la loro espansione e
minore è la sua velocità. Ma poiché anche gli orologi si muovono più o meno
velocemente, in funzione del loro grado di espansione, la velocità della luce risulta
sempre la stessa in qualunque luogo. Pertanto, nel passato, quando il grado di
espansione era minore, la velocità della luce era
maggiore.
Il moto di un oggetto materiale dipende dalla sua configurazione e dalla
compressione dei quanti di spazio dei luoghi dove esso transita.
Il redshift cosmologico è dovuto alla velocità del luogo dove si sta muovendo
l’oggetto celeste che riceve il fotone, rispetto al luogo dove si stava muovendo
l’oggetto celeste che l’ha emesso, in un Universo la cui espansione sta
decelerando, ma che continuerà ad espandersi anche se sempre meno velocemente.
A sostegno di queste ipotesi presento due tabelle che simulano il
viaggio dei fotoni di una galassia ad alto redshift e quello dei fotoni della
Radiazione Cosmica di Fondo, ed anche una formula per ottenere la luminosità
apparente, compatibile con le osservazioni delle supernove Ia ad alto redshift.
Inoltre dimostro che considerando il redshift cosmologico come dovuto
all’espansione dello spazio, come attualmente sostiene la CS, non si può
giustificare la luminosità apparente degli oggetti celesti con elevato redshift.
Inoltre dimostro che considerando il redshift cosmologico come dovuto
all’espansione dello spazio, come sostiene la Comunità Scientifica, non si può
giustificare la luminosità apparente degli oggetti celesti con elevato redshift.
1. INTRODUZIONE
Nella teoria sul
moto relativo allo spazio in espansione (1) ho affermato che da essa si
possono derivare ulteriori ipotesi sui vari fenomeni dell'Universo, più
compatibili con le osservazioni.
Ed ora, con questo articolo, mi propongo di esporre tali ipotesi, che spiegano
vari fenomeni dell’Universo, quali la sua espansione, la gravità, la velocità
della luce, il redshift cosmologico, in una modalità compatibile con detta
teoria e più aderente con le osservazioni rispetto a quella attualmente
sostenuta dalla Comunità Scientifica (CS).
2. UNIVERSO DI QUANTI DI SPAZIO
2.1 Universo in espansione
L’Universo si può immaginare come un’immensa sfera composta esclusivamente da un’infinità di piccolissime particelle indivisibili di una uguale quantità di spazio, che d’ora in poi denominerò come "quanti di spazio".
Per spazio intendo una sostanza continua, quindi non composta di particelle (che significa che le piccolissime particelle non sono a loro volta composte di ulteriori ancora più piccole particelle), che tende ad espandersi. In pratica si tratta dell’unica vera sostanza che compone l’Universo e che, pertanto, deve essere molto diversa dalla materia che noi possiamo osservare.
Durante il cosiddetto Big Bang, i quanti erano estremamente compressi e quindi hanno iniziato ad espandersi, causando l’espansione dell’Universo, che sta continuando tutt’ora.
La velocità di
espansione dello spazio è la stessa in tutti i luoghi
dell’Universo, per cui ogni luogo si allontana da ogni altro luogo con una
velocità dipende dalla distanza: più sono lontani e più
velocemente si allontanano tra di loro.
Quindi ogni luogo può considerarsi come un centro dell’Universo, dal quale tutti
gli altri luoghi si allontanano.
2.2 Gravità
Tra i quanti di spazio non esiste alcun vuoto, per cui se un quanto si comprime, e quindi riduce le proprie dimensioni, i quanti adiacenti possono/devono aumentare le loro dimensioni e, quindi, espandersi.
La materia è composta da quanti di spazio.
Le particelle
elementari del cosiddetto modello standard della fisica quantistica, sono dei
fenomeni fisici che, tra l’altro, comprimono quanti di spazio e, pertanto, un
oggetto materiale contiene moltissimi insiemi di quanti di spazio compressi, che
fanno aumentare la compressione media dei quanti di spazio che lo compongono.
Così i quanti limitrofi all’oggetto, e cioè quelli in prima linea, grazie alla
riduzione delle dimensioni dei quanti dell’oggetto, possono/devono espandersi di
più. Ma poi vengono ricompressi parzialmente perché i quanti in seconda linea,
che sono più compressi per non aver ancora “subito” espansioni, si espandono a
loro volta verso quelli di prima linea. Poi anche i quanti di terza linea,
ancora compressi, si espandono verso quelli di seconda linea. E così via fino ai
quanti sempre più lontani dall’oggetto.
In parole povere la materia, comprimendo numerosi quanti di spazio, consente ai
quanti vicini e poi via via anche a quelli sempre più lontani, di potersi
espandere di più.
Il risultato è un ambiente nel quale i quanti di spazio vicini alla materia sono
più espansi di quelli via via più lontani dalla materia.
I quanti che compongono la materia, sono comunque più compressi rispetto ai
quanti esterni ad essa però, per precisione, bisogna dire che è la compressione
media dei quanti che compongono la materia, che è maggiore della compressione
media dei quanti esterni alla materia. Perché all’interno degli atomi vi sono
molti quanti che potrebbero essere anche più espansi di quelli esterni alla
materia, e cioè, per esempio, quelli tra i nuclei e gli elettroni, in quanto più
vicini alle particelle elementari.
Gli insiemi di
quanti che compongono gli atomi, tendono ad espandersi in direzione dei quanti
più espansi (o meno compressi), perché trovano meno resistenza alla propria
espansione. Pertanto anche gli oggetti materiali, dato che sono composti da
atomi, si espandono in direzione dei quanti più espansi, e quindi in direzione
di altri oggetti. Per questo motivo ogni oggetto tende a muoversi verso altri
oggetti.
Per muovere un oggetto in direzione contraria a quella nella quale tenderebbe a
muoversi, e cioè da un punto dove i quanti sono più espansi (per esempio dal
livello terra) ad un punto dove sono meno espansi (per esempio ad un metro da
terra), si deve usare una certa energia (che viene persa da chi muove
l'oggetto), con la quale gradualmente viene aumentata
la compressione degli insiemi di quanti (che così aumentano la loro energia
interna)
che compongono gli atomi dell’oggetto,
in modo tale che riescano ad opporsi alla maggiore pressione dei quanti che
trovano man mano che si avvicinano al livello più alto. Però, più precisamente,
non bisogna pensare a dei quanti che si muovono da un punto ad un altro, ma a
delle compressioni di quanti che si muovono da un punto ad un altro o, meglio
ancora, a delle manifestazioni fisiche che avvengono nei vari punti dello
spazio.
Di conseguenza un oggetto di un metro di altezza, ha gli atomi situati più in
alto con una compressione media maggiore rispetto agli atomi situati più in
basso, in quanto i quanti che compongono gli atomi situati più in alto trovano
più resistenza alla loro espansione rispetto ai quanti che compongono gli atomi
situati più in basso. Quindi ponendo che l’oggetto abbia la forma di un cubo,
avrà la superficie inferiore più estesa di quella superiore, in quanto la
compressione dei quanti vicini alla superficie inferiore è minore di quella dei
quanti vicini alla superficie superiore. Ma se misurate, le due superficie
risulterebbero uguali, in quanto anche gli atomi degli strumenti di misura sono
influenzati dall’espansione dei quanti vicini.
Ora vorrei fare
delle considerazioni sulla formula della gravitazione universale di Newton e
proporre delle modifiche, perché essa non
risulta compatibile con questo modello di Universo, in quanto esso prevede
due cause per l'espansione dei quanti di spazio:
- quella dovuta alla presenza della materia, per la quale i quanti di spazio si
espandono senza contribuire ad espandere l'Universo (perché la loro espansione
viene bilanciata dalla compressione dei quanti che costituiscono la materia);
- quella dovuta all'espansione nativa dei quanti di spazio, per la quale i
quanti di spazio si espandono facendo espandere anche l'Universo.
Per cui è necessario modificare la formula della gravità universale di Newton,
per tenerne conto.
La formula attuale della gravità universale è la seguente:
Dalla quale ricavo quella dell'accelerazione di gravità per un oggetto di piccola massa, e cioè:
dove:
- g è l’accelerazione di gravità;
- G è una costante gravitazionale universale;
- M è la massa di un ipotetico oggetto celeste;
- d è la distanza dell’oggetto di piccola massa.
Ma questa formula riguarda solo l’accelerazione relativa all’espansione dei quanti dovuta alla presenza della materia, pertanto non comprende quella relativa all’espansione nativa dei quanti di spazio, che va in direzione contraria e, quindi, si oppone all'accelerazione dovuta alla gravità.
Per cui la formula dell’accelerazione di gravità completa, in base al mio modello di Universo, è la seguente:
dove A è una
costante di accelerazione dovuta all’espansione dello spazio, che è la stessa
per tutto l’Universo e che si riduce nel tempo in funzione della decelerazione
dell'espansione dell'Universo, e che va valorizzata in base alle
osservazioni.
Ma per far tornare i conti bisogna aumentare il valore della costante
gravitazionale, in quanto il valore g da ricavare, è dovuto anche al valore
della costante di accelerazione.
Quindi si tratta di
valorizzare le due costanti della formula, in modo che i suoi risultati siano
compatibili con le osservazioni, le quali dimostrano che nelle lunghe distanze
il valore di g non è perfettamente inversamente proporzionale al quadrato della
distanza. Come nel caso degli oggetti celesti più esterni alle galassie.
Inoltre dalla formula risulta che una volta superata una determinata distanza,
il valore relativo all'espansione nativa dei quanti di spazio, supera
il valore relativo alla presenza di materia, per cui l’oggetto di piccola
massa si allontana dall’oggetto celeste. Come risulta dalle osservazioni.
2.3 Velocità e frequenza dei fotoni, variabili
E' stato rilevato
sperimentalmente che
(1) la gravità influenza lo scorrere del tempo e la frequenza ondulatoria dei
fotoni e quindi anche la loro lunghezza d'onda.
Ma, per la presente ipotesi,
(2) la gravità è dovuta all’espansione dello spazio.
Di conseguenza si può affermare che
(3) l’espansione dello spazio influenza lo scorrere del tempo (più lo
spazio è espanso e più gli orologi rallentano) e la frequenza ondulatoria dei
fotoni e quindi anche la loro lunghezza d'onda.
Ma poiché risulta anche che
(4) la velocità della luce è sempre la stessa in qualunque luogo la si misuri
e, quindi, per qualunque velocità dello scorrere del tempo,
ne consegue che
(5) anche la velocità della luce si adegua all’espansione dello spazio e
cioè che la luce va più o meno velocemente in funzione della più o meno elevata
espansione dello spazio.
Quindi nel passato,
(6) quando lo spazio dell’Universo era molto meno espanso, la luce aveva una
velocità molto superiore a quella attuale, anche se ipotetici orologi di allora
l'avrebbero misurata sempre a 300.000 km/s (perché avrebbero misurato il
tempo più velocemente, perché lo spazio era meno espanso).
In altre parole, man mano che l’Universo si è espanso, la luce ha ridotto la sua
velocità, ma anche ipotetici orologi avrebbero rallentato, facendo così misurare
la velocità della luce sempre a 300.000 km/s.
Come ho scritto
nel punto 3, l’espansione dello spazio influenza la frequenza ondulatoria dei
fotoni. Più precisamente fa rallentare la loro frequenza ondulatoria, ma senza
che ipotetici orologi possano rilevarlo, in quanto l’espansione fa rallentare
anch’essi della stessa misura. Perché se così non fosse, la frequenza dei fotoni
misurata con uno stesso orologio, risulterebbe maggiore in cima ad una montagna
(dove lo spazio è meno espanso), rispetto alla sua base (dove lo spazio è più
espanso).
Una prova di questo fenomeno è l'esperimento di Shapiro, che riguarda la misura
del tempo di andata e ritorno della luce, tra la Terra e Venere, quando in mezzo
c'è il Sole.
Secondo la presente ipotesi la frequenza dei fotoni è minore, e quindi la luce
si propaga più lentamente, dove lo spazio è più espanso. Quindi se si misura il
tempo che un segnale radar impiega a coprire la distanza tra due pianeti, questo
tempo deve essere maggiore se lungo il tragitto il segnale è costretto a passare
in prossimità del Sole, dove lo spazio è più espanso a causa della sua
vicinanza.
In effetti per il tragitto Terra-Venere (e ritorno) è stato misurato un ritardo di circa 200 microsecondi (su un tempo di
percorrenza totale di circa 1.000 secondi), su quanto previsto, in ottimo accordo con
quanto previsto da Shapiro.
Quindi nel passato, quando lo spazio era meno espanso, la frequenza dei fotoni
era
molto maggiore rispetto ad ora (e quindi la loro velocità era maggiore), per poi rallentare man mano che l’Universo si è
espanso. Ma ipotetici orologi non avrebbero rilevato alcun rallentamento della
frequenza, in quanto anch’essi avrebbero rallentato della stessa misura.
In pratica è come se quei fotoni fossero essi stessi degli orologi.
2.4 Confronto tra espansione dello spazio e curvatura dello spazio-tempo
Per problemi tecnici, non sono riuscito ad esporre le figure richiamate in questo paragrafo (che si possono trovare in un libro di Feynman caricabile tramite un link alla fine del presente articolo), per cui per chi volesse approfondire il presente argomento, ho riportato il presente paragrafo completo di figure in un'altra pagina che si può leggere cliccando qui.
Riepilogando quanto
esposto nei paragrafi precedenti:
- lo spazio è una sostanza nella quale si manifestano sia la materia che le
onde elettromagnetiche, ha una espansione che è influenzata dalla presenza della
materia ed è più espanso vicino alle masse materiali e sempre meno espanso man mano
che ci si allontana da esse;
- gli oggetti materiali tendono a muoversi verso dove lo spazio è più espanso e
quindi verso altri oggetti materiali;
- la velocità della luce è isotropa solo rispetto allo spazio;
- la velocità alla quale scorre il tempo, è funzione dell'espansione dello spazio,
e cioè più lo spazio è espanso e più rallenta il tempo;
- dato che lo spazio è sempre meno espanso, man mano che ci si allontana dalla
superficie della Terra, il tempo scorre più velocemente man mano che ci si
allontana dalla Terra, come risulta dalle osservazioni (per esempio, nel GPS).
In conclusione lo spazio è euclideo ed ha tre dimensioni ed un grado di
espansione, e la velocità alla quale scorre il tempo è funzione del grado di
espansione dello spazio nel
luogo dove viene misurato.
Ora provo a spiegare perchè, invece, per la RG lo
spazio-tempo è curvo.
In base ai risultati dell'esperimento di Michelson e Morley (MM), dai quali
risulta che la velocità della luce è isotropa rispetto a qualunque sistema di
riferimento inerziale (ma secondo Lorentz tale risultato è viziato dal
rallentamento del tempo e dalla contrazione dell'interferometro di MM, in
funzione della sua velocità rispetto allo spazio - che per Lorentz corrisponde
all'etere), Einstein ha dedotto la teoria della Relatività Ristretta (RR), le
cui trasformazioni usano le tre dimensioni spaziali più la dimensione temporale,
per cui lo spazio è "diventato" spazio-tempo.
Successivamente Einstein, con la RG, ha dimostrato che la velocità del tempo è
funzione della gravità e, quindi, della distanza dalle masse
materiali, come poi risultò anche dalle osservazioni.
Infatti nel paragrafo 6.6 del capitolo relativo alla RG, del suo libro “Sei
pezzi meno facili” (8), Feynman dimostra lo scostamento tra due orologi
situati a quote diverse (cliccando nell'indirizzo esposto nel riferimento 8 alla
fine dell'articolo, si può ottenere il libro in formato digitale, anche se in
inglese, nel quale si possono trovare le figure qui richiamate).
Feynman trova anche il valore numerico dello scostamento per 20 metri di
dislivello, e cioè circa 2 x 10**(-15), e cioè di circa 1 x 10**(-16) per metro
di dislivello.
Lo dimostra ragionando su un'astronave accelerata, in cui si capisce che se si
mandano due segnali da prua a poppa distanziati di un secondo, essi arrivano
distanziati di meno di un secondo. Quindi per un osservatore accanto
all’orologio a poppa, quello a prua va più veloce.
Dopo di che pone l'astronave sulla superficie terrestre ed usa il Principio di
Equivalenza (PE) per dedurre che l'effetto che si vedeva nell'astronave
accelerata si deve vedere anche nel campo gravitazionale terrestre.
Poi nel paragrafo 6.7, basandosi sui ragionamenti esposti nel paragrafo 6.6,
Feynman dimostra la curvatura dello spazio-tempo aiutandosi coi disegni di cui
figura 6-18.
Ecco come lo dimostra.
“Cerchiamo di fare un po’ di geometria dello spazio-tempo. Questo alla prima può
sembrare strano, però abbiamo spesso costruito diagrammi dello spazio-tempo con
la distanza riportata su un asse ed il tempo su un altro. Supponiamo di cercar
di costruire un rettangolo nello spazio-tempo. Cominciamo col tracciare un
grafico dell’altezza H in funzione di t come in Fig. 6-18 (a). Per aver la base
del rettangolo prendiamo un oggetto che è fermo all’altezza H₁ e seguiamo la sua
linea d’universo per 100 secondi. Otteniamo la linea BD nella parte (b) della
figura, che è parallela all’asse t. Ora prendiamo un altro oggetto che si
trova 100 piedi sopra al primo al tempo t = 0. In partenza ci si trova al punto
A della Fig. 6-18 (c). Ora seguiamone la linea d’universo per 100 secondi,
misurati con l’orologio in A. L’oggetto va da A in C come si vede nella parte
(d) della figura. Ma si noti che siccome il tempo va a ritmo diverso alle due
altezze – si ammette che ci sia un campo gravitazionale – i due punti C e D non
sono simultanei. Se si cerca di completare il rettangolo tracciando una retta
fino al punto C che si trova 100 piedi sopra D, allo stesso tempo – come in Fig.
6-18 (e) – i pezzi non si raccordano. E questo è ciò che si intende quando si
dice che lo spazio-tempo è curvo.”
In altre parole,
mentre per le ipotesi qui presentate, il fatto che i segmenti alle altezze A e
B, abbiano una lunghezza diversa, dipende dal fenomeno che il grado di
espansione dello
spazio a dette altezze è diversa, per la RG detto fatto dimostra che lo
spazio-tempo è curvo.
In conclusione, secondo le presenti ipotesi, lo spazio è euclideo e possiede un
grado di espansione, e la velocità del tempo è funzione di detto grado di
espansione.
Mentre per la RR lo spazio è "diventato" spazio-tempo, che per la RG è curvo.
In pratica, quindi, sia per le ipotesi qui presentate che per la RG, si tratta dello stesso fenomeno, anche se visto da punti di vista diversi (tolemaico per la RG e non tolemaico per le ipotesi qui presentate), pertanto tutto quanto previsto dalla RG, dovrebbe valere anche per le ipotesi qui presentate.
2.5 Moto nello spazio in espansione
Come tutto lo spazio
dell'Universo, seppur in misura molto minore, anche gli oggetti materiali si
espandono continuamente a causa dell'espansione dei quanti di spazio che li
compongono.
Quando un oggetto materiale è a riposo rispetto allo spazio, i quanti che lo
compongono cercano di espandersi con la stessa forza e trovano la stessa
resistenza, dovuta ai quanti in espansione, in tutte le direzioni, pertanto l'oggetto non si muove.
Ma se esso viene urtato da un altro oggetto, le particelle elementari che lo
compongono si conformano in modo tale che l'oggetto assuma una propria
velocità e direzione, in funzione dell'urto subito. E
poi continua a muoversi con la nuova velocità e direzione.
Ora poniamo che durante il suo moto l'oggetto rilevi dei quanti di spazio più
espansi in una determinata direzione, a causa della presenza di un oggetto
celeste in detta direzione.
In questo caso le particelle elementari dell'oggetto si conformano in modo
da deviare verso tale direzione, e poi man mano che procedono verso l'oggetto
celeste, continuano a conformarsi in modo adeguato alla nuove velocità e
direzioni.
Fino a quando impatta con l'oggetto celeste.
A quel punto le sue particelle si conformano in modo "uguale" a quelle
dell'oggetto celeste e ne seguono il destino.
Ma quale potrebbe essere la modifica di conformazione che avviene nelle
particelle elementari, per far cambiare direzione e velocità all'oggetto che
compongono?
Io ipotizzo che siano i loro quanti a
modificarsi. Perché se aumentano la velocità rispetto allo spazio in
espansione, hanno bisogno di una maggior energia, e quindi di una maggior
compressione. Mentre se riducono la velocità hanno bisogno di meno energia, e
quindi di una minor compressione.
Quindi nel caso di un impatto tra due oggetti materiali nello spazio in
espansione, i quanti dell'oggetto che dopo l'impatto rallenta la sua velocità
rispetto allo spazio, cedono energia ai quanti dell'oggetto che dopo l'impatto
aumenta la velocità rispetto allo spazio.
3. MODELLO DI UNIVERSO
Il rallentamento
della frequenza ondulatoria dei fotoni ed il conseguente allungamento della loro
lunghezza d'onda, dovuta all’espansione dello spazio, viene denominata dalla
CS come “redshift cosmologico”.
Però nel paragrafo precedente ho sostenuto che assieme a detto rallentamento di
frequenza, avviene anche un rallentamento degli orologi della stessa misura.
In conclusione, quindi, l'espansione dello spazio non fa misurare, almeno
direttamente, alcuna riduzione della frequenza ondulatoria dei fotoni e, quindi,
neanche il redshift cosmologico.
E allora a cosa sarebbe dovuto l’elevato valore del redshift rilevato nei fotoni
provenienti dagli oggetti celesti molto lontani?
Come dimostrerò qui di seguito, è dovuto alla velocità di allontanamento del
luogo dove si sta muovendo l’oggetto celeste che riceve il fotone, rispetto al
luogo dove si stava muovendo l’oggetto celeste che l’ha emesso.
Quindi tale redshift è comunque dovuto all’espansione dello spazio, in quanto è
l’espansione che fa allungare le distanze tra i luoghi dell’Universo e, quindi,
fa aumentare le velocità di allontanamento dei luoghi dell’Universo.
A sostegno di queste
ipotesi presento due tabelle:
- la prima, che simula il viaggio dei fotoni di una galassia ad alto redshift,
anche utilizzando la luminosità apparente degli oggetti celesti ad alto
redshift;
- la seconda, che simula il viaggio della Radiazione Cosmica di Fondo
(abbreviata in CMBR, dall'inglese Cosmic Microwave Background Radiation).
3.1 Esemplificazione del modello di Universo
Per far meglio comprendere le due simulazioni sopracitate, le faccio precedere da una semplice esemplificazione.
Si immagini
l’Universo in espansione come una grande sfera di gomma che si stia gonfiando
continuamente e sulla cui superficie siano segnati moltissimi punti (raffigurano
luoghi dello spazio).
Si immagini poi una galassia come un camioncino che si muova sulla superficie
della sfera ad una velocità di 0,1 m/s, ma restando sempre vicino ad uno dei
punti.
Poi si immagini la Terra come un altro camioncino, che si muova anch’esso nei
pressi di un punto ad una velocità di 0,1 m/s.
A causa dell’espansione della sfera, i due punti citati si allontanano l’uno
dall’altro ad una determinata velocità e, di conseguenza, anche i due camioncini
si allontanano l’uno dall’altro alla stessa velocità (per precisione, più o meno
qualcosa in funzione della direzione del loro moto).
Si immaginino poi i
fotoni come un insieme di automobiline che si muovano sulla superficie della
sfera a velocità costante, poniamo di 1 m/s.
Si osserverà che a causa della dilatazione della superficie della sfera, i punti
si allontanano l'uno dall'altro, per cui ogni automobilina avrà una velocità di
1 m/s rispetto al punto sopra il quale sta transitando, ma una velocità diversa
rispetto agli altri punti segnati sulla superficie della sfera.
Se un'automobilina parte dal punto del camioncino raffigurante la galassia, e va
verso il punto del camioncino raffigurante la Terra, alla partenza ha una
velocità di 1 m/s rispetto al punto di partenza, ma inferiore rispetto a quello
di arrivo, in quanto quest'ultimo si sta allontanando a causa della dilatazione
della superficie della sfera.
Ma durante il viaggio aumenta sempre di più la sua velocità rispetto al punto di
partenza, a causa del continuo aumento della distanza tra il punto sul quale
essa sta transitando (sempre ad 1 m/s) ed il punto di partenza. Infine arriva
alla velocità di 1 m/s rispetto al punto di arrivo, il quale ha una determinata
velocità rispetto al punto di partenza. Pertanto l’automobilina avrà una
velocità superiore ad 1 m/s, di detta determinata velocità, rispetto al punto di
partenza.
3.2 Simulazione del viaggio dei fotoni di una galassia ad alto redshift
Come ho scritto
sopra, lo spazio si sta espandendo alla stessa velocità in tutti
i luoghi dell’Universo. Pertanto ogni luogo si sta allontanando da ogni altro
luogo, con una velocità che dipende dalla distanza.
In pratica ogni luogo può considerarsi come al centro dell’Universo, in quanto
tutti gli altri luoghi si allontanano da esso, ma anche perché i fotoni che lo
percorrono, vi hanno la stessa velocità, e cioè 300.000 km/s, in tutte le
direzioni.
Ma se i fotoni hanno una velocità di 300.000 km/s rispetto al luogo che stanno
percorrendo, ed i luoghi che via via percorrono si allontanano sempre più
velocemente dal luogo della loro emissione, ne consegue che anche i fotoni
aumentano sempre più la loro velocità rispetto al luogo di emissione.
Per esempio i fotoni emessi da una galassia e diretti verso la Terra, nel
momento dell'emissione hanno una velocità di 300.000 km/s rispetto al luogo
della galassia (per precisione dovrei scrivere “luogo dove si sta muovendo”,
perché ogni oggetto celeste non è a riposo rispetto a detto luogo, ma per
brevità scrivo solo ”luogo”), ma molto inferiore rispetto al luogo della Terra
(più precisamente dovrei scrivere “luogo dove si starà muovendo la Terra
nel momento dell’arrivo”, ma per brevità qui scrivo solo “luogo della Terra”),
perché esso si sta allontanando dal luogo della galassia.
Ma man mano che i fotoni procedono verso il luogo della Terra, percorrendo
luoghi che si allontanano sempre più velocemente dal luogo della galassia, i
fotoni aumentano sempre di più la loro velocità rispetto al luogo della Terra,
fino ad arrivarci alla velocità di 300.000 km/s rispetto ad esso.
Tale aumento di velocità corrisponde alla velocità del luogo ricevente rispetto
a quello emittente, e viene usato come fattore per calcolare il cosiddetto
redshift cosmologico, che si indica con il simbolo "z" . Il cui
valore incrementato di 1, corrisponde al rapporto tra la velocità della luce e
la differenza tra la stessa e la velocità del luogo ricevente rispetto a quello
di emissione (formula 3.2.1)
Dove vr sta per velocità del luogo del ricevente.
Questa è una formula dell'effetto Doppler, che considera il ricevente in moto e la sorgente ferma, dalla quale si può ottenere quella per la velocità del luogo ricevente e cioè (formula 3.2.2):
Invece la formula usata dalla CS, considera il ricevente fermo e la sorgente in moto, per cui il fattore z risulta dalla divisione tra la velocità della sorgente e quella della luce. Di conseguenza per trovare la velocità della sorgente conoscendo il fattore z, si deve moltiplicarlo per la velocità della luce (formula 3.2.3)
velocità sorgente = z x c
Ma per la CS il fattore z si riferisce all’espansione dello spazio e non ad una velocità di allontanamento tra i vari luoghi dello spazio.
Per precisione faccio rilevare che oltre che dal redshift cosmologico, il fattore z è composto anche dai redshift dovuti ai moti degli oggetti emittente e ricevente, rispetto ai rispettivi luoghi, che se i valori del redshift sono elevati, risultano poco rilevanti.
Per esempio un redshift di 0,59 misurato sulla Terra, indica che la Terra si sta allontanando dalla galassia, di 111.321 km/s.
Per far meglio
comprendere come funziona il tutto in base al mio modello di Universo, tramite
l’applicazione excel ho sviluppato una tabella di simulazione del viaggio verso
la Terra, dei fotoni di una galassia ad alto redshift, che espongo qui di
seguito.
Ho sviluppato la tabella al solo scopo di dimostrare la sostenibilità della
presente ipotesi per cui, pur avendo cercato di ottenere risultati aderenti alla
realtà, posso presentarli solo a titolo di esempio.
Per quanto riguarda i valori relativi al redshift, mi sono basato su quelli che
ho trovato in un articolo dell’astronomo Vincenzo Zappalà (2).
VIAGGIO VERSO LA TERRA, DEI FOTONI DI UNA GALASSIA AD ALTO REDSHIFT |
||||||||||
Tempo |
-------- velocità sul luogo di partenza ---- ---- |
------ distanza ----- distanza progressiva -- |
||||||||
Progr. |
luogo |
fotoni + |
Redshift |
luogo |
fotoni + |
luogo |
diff.za |
diff.za |
fotoni + |
luogo |
|
transito |
luogo |
z + 1 |
Terra |
luogo |
Terra |
|
|
luogo |
Terra |
A |
C |
D |
E |
F |
H |
I |
J |
K |
L |
M |
Part.za |
|
|
1,590 |
275.000 |
0,000 |
5,040 |
- 5,040 |
- 5,040 |
- |
5,040 |
1 |
18.217 |
318.217 |
1,450 |
224.095 |
1,061 |
0,747 |
0,314 |
- 4,726 |
1,061 |
5,787 |
2 |
35.201 |
335.201 |
1,340 |
185.427 |
1,117 |
0,618 |
0,499 |
- 4,227 |
2,178 |
6,405 |
3 |
51.321 |
351.321 |
1,250 |
156.548 |
1,171 |
0,522 |
0,649 |
- 3,577 |
3,349 |
6,926 |
4 |
66.640 |
366.640 |
1,175 |
135.745 |
1,222 |
0,452 |
0,770 |
- 2,808 |
4,571 |
7,379 |
5 |
81.591 |
381.591 |
1,110 |
121.795 |
1,272 |
0,406 |
0,866 |
- 1,942 |
5,843 |
7,785 |
6 |
96.492 |
396.492 |
1,052 |
113.866 |
1,322 |
0,380 |
0,942 |
- 1,000 |
7,165 |
8,164 |
7 |
111.321 |
411.321 |
1,000 |
111.321 |
1,371 |
0,371 |
1,000 |
0,000 |
8,536 |
8,536 |
I valori delle velocità sono in km per secondo. |
||||||||||
I valori delle distanze sono in miliardi di anni luce. |
||||||||||
I valori del tempo sono in miliardi di anni. |
||||||||||
VALORI POSTATI: |
||||||||||
Velocità del luogo Terra alla partenza |
275.000 |
|
||||||||
Distanza del luogo Terra alla partenza |
5,040 |
|||||||||
Valori del Redshift da articolo Zappalà |
Modalità di
calcolo dei valori inseriti nella tabella (per chi volesse cercare di
comprenderli).
Espongo qui di seguito le modalità che ho seguito per calcolare i valori esposti in tabella, ma in generale, perché un’esposizione precisa sarebbe troppo lunga, (però potrei inviare la tabella in formato excel, a chi me lo chiedesse).
Premetto che rispetto al foglio di lavoro excel, dal quale è stata ricavata la tabella, per mancanza di spazio orizzontale ho dovuto nascondere due colonne: la prima, che sarebbe stata contrassegnata dalla lettera B, che contiene la velocità dei fotoni rispetto ai luoghi percorsi, e cioè sempre 300.000 km/s in ogni casella; la seconda, che sarebbe stata contrassegnata dalla lettera G, che contiene la distanza percorsa dai fotoni rispetto ai luoghi, e cioè sempre 1 miliardo di anni luce in ogni casella.
Prima di tutto, per
ogni periodo, in base al redshift ho calcolato la velocità media con la quale i
luoghi dello spazio via via percorsi dai fotoni, si stanno allontanano dal luogo
della galassia, usando formule ricavate dalla 3.2.2, e l’ho inserita nelle
caselle della colonna “velocità luogo di transito” (contrassegnata dalla
lettera C).
Poi ho sommato tale
velocità a quella della luce rispetto ai luoghi percorsi (300.000 km/s),
inserendo il risultato nelle caselle della colonna “velocità fotoni + luogo” (D).
Indi ho calcolato la distanza percorsa dai fotoni, dividendo i valori esposti
nella colonna “velocità fotoni + luogo” (D) per 300.000, ed ho inserito
i valori progressivi nelle casella della colonna “distanza fotoni + luogo” (H).
Poi ho ottenuto ed inserito i suoi valori progressivi nelle caselle della
colonna “distanza progressiva fotoni + luogo” (L).
Come si può osservare, nell’ultima casella risulta il valore di 8,536 miliardi
di anni luce, che corrisponde alla somma della distanza totale percorsa dai
fotoni con la distanza di allontanamento dei luoghi percorsi, somma che
corrisponde alla distanza attuale tra il luogo della galassia e quello della
Terra.
Poi tramite una formula sulla luminosità apparente (3.3.1), la cui spiegazione
si può trovare nel paragrafo 3.3 (per spiegare meglio la formula, avevo bisogno
della tabella, quindi ho dovuto posporre la spiegazione), ho ricavato il
rapporto tra la distanza attuale e quella del momento dell’emissione dei fotoni,
rapporto che corrisponde al fattore di espansione dello spazio durante il
viaggio dei fotoni, ed poi ho calcolato la distanza al momento dell’emissione
dei fotoni, che risulta di 5,040 miliardi di anni luce.
Poi, grazie alle funzioni di excel, ho variato dicotomicamente la velocità della
Terra alla partenza, fino a quando nell’ultima casella della colonna “distanza
progressiva – diff.za” (K) è stato ottenuto il valore 0 (Terra
raggiunta), e così per ogni periodo ho ottenuto la velocità media di
allontanamento del luogo della Terra da quello della galassia, che ho calcolato
in funzione dei redshift dei vari periodi e che ho inserito nelle caselle della
colonna “velocità luogo Terra” (F).
Infine, per ogni periodo ho calcolato anche la distanza di allontanamento del
luogo della Terra rispetto a quello della galassia, e ho inserito il suo valore
della colonna “distanza luogo Terra” (I), mentre ho inserito il suo
valore progressivo nelle caselle della colonna “distanza progressiva luogo
Terra” (M).
Fine modalità di calcolo.
Dalla tabella si può
rilevare che all’inizio del viaggio il luogo della Terra si trova a 5,040
miliardi di anni luce di distanza da quello della galassia, luogo che a causa
dell’espansione dello spazio tra esso stesso e quello della galassia, si sta
allontanando alla velocità di 275.000 km/s dal luogo della galassia, facendo
così allontanare anche la Terra nei confronti della galassia.
Nei periodi successivi risulta che la velocità con la quale il luogo della Terra
si allontana da quello della galassia, diminuisce, di conseguenza risulta che
l’espansione dello spazio, decelera (questo fenomeno verrà ripreso anche nel
paragrafo 3.4).
Infine quando i fotoni arrivano alla Terra, il luogo della Terra si trova a
8,536 miliardi di anni luce da quello della galassia, e la sua velocità di
allontanamento da quello della galassia, risulta di 111.321 km/s.
Durante il loro
viaggio, sempre a causa dell’espansione dello spazio, anche i fotoni variano di
velocità rispetto al luogo della galassia, ma in aumento, perché transitano in
luoghi sempre più lontani da quello della galassia e che, quindi, si allontanano
sempre più velocemente dalla galassia.
Infine i fotoni arrivano al luogo della Terra, alla velocità di 300.000 km/s
rispetto ad esso, ma di 411.321 km/s rispetto al luogo della galassia.
3.3 Formula per il calcolo della luminosità apparente degli oggetti celesti ad
alto redshift
Qui di seguito,
utilizzando come esempio i dati della tabella esposta nel paragrafo precedente,
presento una formula che credo più compatibile con le osservazioni di quella
sostenuta dalla CS, per ottenere l’espansione dello spazio avvenuta durante il
viaggio dei fotoni di un oggetto celeste ad alto redshift, utilizzando la sua
luminosità apparente. Cosa che ritengo importante anche per dimostrare che
l’espansione dell’Universo sta decelerando, anziché accelerando, come sostenuto
dalla CS, basandosi proprio sulla luminosità apparente degli oggetti celesti ad
alto redshift, come le supernove di tipo Ia.
Infatti ecco cosa ha scritto il fisico Matteo Billi nella sua tesi di laurea
(3):
“Le SNe Ia vengono utilizzate in cosmologia come indicatori di distanza. Nel
1998 due team di ricerca, il Supernova Cosmology Project e l’High-z Supernova
Search Team compirono degli studi su un campione di SNe in galassie lontane a
z = 0.2 ÷ 0.9. Da questi lavori emerse che le luminosità
apparenti erano tipicamente inferiori del 25% rispetto ai valori attesi. Questo
indica che tali oggetti si trovano ad una distanza di luminosità superiore a
quella prevista da modelli d’Universo dominati da materia. Venne quindi
determinata per la prima volta l’evidenza di un Universo in condizione di
espansione accelerata.”.
Per la formula qui presentata, i fattori per i quali dividere la luminosità assoluta (L) per ottenere quella apparente (l), sono i seguenti.
1. Area della superficie della sfera con raggio corrispondente alla distanza percorsa dai fotoni (F) rispetto ai luoghi via via attraversati (per problemi di spazio tale distanza non è stata esposta in tabella, ma corrisponde alla velocità della luce, per il numero degli anni, e cioè a 7 miliardi di anni luce). Perché mano a mano che si muovono, i fotoni si distribuiscono in una superficie di sfera sempre più ampia, in quanto il suo raggio si allunga. Ma va considerata solo la distanza percorsa dai fotoni rispetto ai luoghi via via attraversati, e non anche la distanza alla quale si sono allontanati i luoghi attraversati rispetto al luogo della galassia, a causa dell’espansione dello spazio, in quanto questo allontanamento viene considerato nel secondo fattore.
2. Rapporto tra la distanza attuale (d1) e la distanza iniziale (d0), al cubo. Questo rapporto corrisponde all’espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio (E), che è uniforme in tutti i luoghi dell’Universo e, quindi, anche in quelli dove sono transitati i fotoni della galassia (sono rispettivamente l’ultimo ed il primo valore, della colonna “distanza progressiva luogo Terra” (M)). Il valore dell’espansione va elevato al cubo, in quanto si tratta di un’espansione volumetrica, che quindi avviene sulle tre dimensioni spaziali.
Quindi la formula è la seguente:
e sostituendo il fattore E con i fattori relativi alle distanze attuale e iniziale, si ha la seguente formula (formula 3.3.1):
Mentre la formula usata dalla CS, che ho trovato in rete (4), è la seguente (formula 3.3.2):
Dove "D"
rappresenta la distanza attuale tra l’emittente ed il ricevente.
Per quanto riguarda il fattore (1 + z), in base a quanto ho trovato in rete, va
elevato al quadrato per i seguenti motivi:
“- un fattore è necessario per tenere conto del fatto che ogni fotone perde
energia a causa del redshift;
- un secondo fattore è dovuto al fatto che anche il ritmo di arrivo dei fotoni è
inferiore al ritmo di emissione ancora per lo stesso fattore”.
Quindi la formula della CS considera come raggio della sfera la distanza attuale
e non la distanza effettivamente percorsa dai fotoni (quindi senza quella dovuta
all’espansione), come giustificato nella spiegazione della mia formula.
Inoltre il fattore di espansione sostenuto dalla CS, viene elevato al quadrato
anziché al cubo.
Per cui rispetto alla mia formula, si ha il fattore D che ha un valore
maggiore del fattore F ed il fattore che esprime l’espansione dello
spazio (1 + z) al quadrato, che dovrebbe corrispondere ad un valore
minore rispetto al fattore E al cubo.
Queste differenze dovrebbero essere dovute ad interpretazioni diverse sulle
cause della riduzione di luminosità che avviene durante il viaggio dei fotoni.
Preciso che i valori relativi al redshift cosmologico (0,59) ed alla distanza attuale tra emittente e ricevente (8,68), li ho ricavati dall’articolo di Zappalà (2) già citato, e sono relativi ai fotoni emessi 7 miliardi di anni fa da un oggetto celeste. Ho scelto il redshift di 0,59 (e quindi i fotoni emessi 7 miliardi di anni fa da una galassia), in quanto è il più vicino alla media tra i redshift minimo e massimo citati nella tesi di Matteo Billi (3), e cioè (0,2 ÷ 0,9), per cui dovrebbe valere anche il 25% di luminosità in meno citato nella tesi, che dovrebbe corrispondere ad una media di riduzioni di luminosità.
Per ottenere l’espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio dei fotoni, mi basta usare solo alcuni fattori di ciascuna delle due formule, in quanto gli altri fattori sono uguali.
Faccio rilevare che utilizzando solo parte del denominatore e la distanza in miliardi di anni luce, non ricavo il valore reale della luminosità apparente, ma un indice di luminosità apparente, che posso utilizzare per fare dei rapporti tra risultati relativi a luminosità apparenti e che per lo scopo di questo articolo, ritengo sia sufficiente.
Per quanto riguarda la formula della CS, i fattori sono quelli contenuti nell’espressione D²·(1 + z)², dalla quale risulta
8,68² x (1 + 0,59)² = 75,3424 x 2,5281 = 190,473
Poiché in base a quanto riportato nella tesi di laurea di Billi (3), dalle osservazioni risulta che la luminosità apparente osservata è del 25% inferiore a quella calcolata (naturalmente in base alla formula della CS), trovo il valore dell’indice di luminosità apparente, incrementando quest’ultima del 25%.
190,473 x 1,25% = 238,108
Questo valore mi serve per calcolare il rapporto tra la distanza attuale e la distanza alla partenza dei fotoni, tra la Terra ed il luogo di partenza dei fotoni e, quindi, il fattore di espansione dello spazio durante il viaggio dei fotoni.
Nella corrispondente espressione usata dalla mia formula, e cioè , valorizzo i dati conosciuti ed ottengo:
Poi divido per 49 (7 x 7) i due membri ed estraggo la radice cubica del membro a destra:
Che costituisce il rapporto di espansione dello spazio (fattore E) durante il viaggio dei fotoni della galassia.
Infine, con l’ultimo passaggio
d0 = 5,040
ottengo la distanza tra il luogo della Terra e quello della galassia emittente, all’inizio del viaggio.
Poi inserisco questa distanza nella tabella e potrò così completare la simulazione del viaggio dei fotoni della galassia, con la modalità esposta nel paragrafo precedente.
Per maggior
chiarezza riassumo le modalità di calcolo.
Prima utilizzo i redshift dei vari periodi, per simulare il viaggio dei fotoni
fino al loro arrivo sulla Terra, ottenendo la distanza percorsa dai fotoni
comprensiva di quella dovuta all’espansione dello spazio che, in pratica,
corrisponde alla distanza attuale tra la galassia e la Terra.
Poi applicando la formula 3.3.1, utilizzo la luminosità apparente osservata per
trovare la distanza tra la galassia e la Terra, alla partenza dei fotoni.
Ed infine completo la simulazione modificando dicotomicamente la velocità con la
quale al Terra si stava allontanando dalla galassia, alla partenza dei fotoni.
In breve uso i redshift per trovare la distanza attuale e poi uso la luminosità
apparente per trovare l’espansione dello spazio.
3.4 Simulazione del viaggio dei fotoni della radiazione di fondo
In base alla teoria
del Big Bang, circa 380.000 anni dopo l’inizio della sua espansione, l’Universo
è diventato trasparente alla radiazione, per cui un’enorme quantità di fotoni ha
iniziato a propagarsi liberamente (5, 6).
I fotoni sono partiti da luoghi diversi dell'Universo ed hanno viaggiato in
direzioni casuali, per cui una parte di essi ha viaggiato in direzione del luogo
della Terra.
Da allora tali fotoni, che vengono denominati come CMBR, hanno continuato ad
arrivare sulla Terra, a cominciare da quelli partiti dai luoghi più vicini e poi
via via, da quelli sempre più lontani.
Durante il viaggio i fotoni si trovano a percorrere luoghi che a causa
dell’espansione dello spazio, si allontanano sempre più velocemente dai luoghi
di partenza, per cui anch’essi aumentano la loro velocità rispetto ai luoghi di
partenza, fino ad arrivare al luogo della Terra, alla velocità di 300.000 km/s
rispetto ad esso, ma molto superiore rispetto ai luoghi della loro partenza.
Ed aumentando la velocità aumenta anche il redshift.
Durante il tempo trascorso da allora, lo spazio ha continuato ad espandersi e,
di conseguenza, è aumentata la velocità di allontanamento del luogo della Terra
da quello di partenza dei fotoni della CMBR.
Così anche il redshift è andato via via aumentando, fino ad arrivare ai valori
attuali, di circa 1.100.
Quindi, attualmente, applicando la formula 3.2.2, esposta nel paragrafo 3.2, la
velocità del luogo della Terra rispetto ai luoghi di partenza dei fotoni della
CMBR, risulta di circa 299.728 km/s.
Utilizzando questo redshift ed anche quelli dei vari periodi, e con modalità simili a quelle usate per la simulazione relativa alla galassia, ho sviluppato una tabella che simula il viaggio dei fotoni della CMBR dalla loro partenza all’arrivo sulla Terra, prevedendo delle variazioni di velocità dei fotoni (dovuti al moto dei luoghi da loro via via percorsi) e del luogo della Terra, rispetto al luogo di partenza.
In breve risulta che nel periodo iniziale il luogo della Terra si allontana più velocemente e distanzia i fotoni, i quali in seguito, grazie alla decelerazione dell’espansione e, quindi, della velocità di allontanamento del luogo della Terra, recuperano il ritardo e lo raggiungono.
VIAGGIO DEI FOTONI DELLA CMBR, VERSO LA TERRA |
||||||||||||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||
Tempo |
----- velocità sul luogo di partenza ------ |
-------- distanza ------------ --------- progressiva --------- |
||||||||||||||||||
Progr. |
Luogo transito |
fotoni + luogo |
Redshift z |
Luogo Terra |
fotoni +luogo |
luogo Terra |
diff.za |
Diff.za |
Fotoni + luogo |
Luogo Terra |
||||||||||
A |
C |
D |
E |
F |
H |
I |
J |
K |
L |
M |
||||||||||
Part.za |
|
|
1.100 |
1929.200 |
|
0,010 |
|
|
|
0,010 |
||||||||||
0,5 |
540 |
300.540 |
8,260 |
1355.240 |
0,501 |
2,259 |
- 1,758 |
- 1,758 |
0,501 |
2,259 |
||||||||||
1,0 |
39.814 |
339.814 |
4,810 |
980.157 |
0,566 |
1,634 |
- 1,067 |
- 2,825 |
1,067 |
3,892 |
||||||||||
2,0 |
63.492 |
363.492 |
2,640 |
766.357 |
1,212 |
2,555 |
- 1,343 |
- 4,168 |
2,279 |
6,447 |
||||||||||
3,0 |
93.458 |
393.458 |
1,780 |
639.512 |
1,312 |
2,132 |
- 0,820 |
- 4,988 |
3,590 |
8,579 |
||||||||||
4,0 |
118.110 |
418.110 |
1,300 |
551.122 |
1,394 |
1,837 |
- 0,443 |
- 5,432 |
4,984 |
10,416 |
||||||||||
5,0 |
139.535 |
439.535 |
1,000 |
485.117 |
1,465 |
1,617 |
- 0,152 |
- 5,583 |
6,449 |
12,033 |
||||||||||
6,0 |
159.574 |
459.574 |
0,760 |
434.608 |
1,532 |
1,449 |
0,083 |
- 5,500 |
7,981 |
13,481 |
||||||||||
7,0 |
179.104 |
479.104 |
0,590 |
395.866 |
1,597 |
1,320 |
0,277 |
- 5,223 |
9,578 |
14,801 |
||||||||||
8,0 |
197.368 |
497.368 |
0,450 |
366.020 |
1,658 |
1,220 |
0,438 |
- 4,785 |
11,236 |
16,021 |
||||||||||
9,0 |
215.054 |
515.054 |
0,340 |
343.348 |
1,717 |
1,144 |
0,572 |
- 4,213 |
12,953 |
17,165 |
||||||||||
10,0 |
231.660 |
531.660 |
0,250 |
326.417 |
1,772 |
1,088 |
0,684 |
- 3,528 |
14,725 |
18,254 |
||||||||||
11,0 |
246.914 |
546.914 |
0,180 |
314.077 |
1,823 |
1,047 |
0,776 |
- 2,752 |
16,548 |
19,300 |
||||||||||
12,0 |
262.009 |
562.009 |
0,110 |
305.754 |
1,873 |
1,019 |
0,854 |
- 1,898 |
18,422 |
20,320 |
||||||||||
13,0 |
277.778 |
577.778 |
0,050 |
301.162 |
1,926 |
1,004 |
0,922 |
- 0,976 |
20,347 |
21,324 |
||||||||||
14,0 |
292.683 |
592.683 |
0,000 |
299.728 |
1,976 |
0,999 |
0,977 |
0,000 |
22,323 |
22,323 |
||||||||||
Arrivo |
299.728 |
599.728 |
|
299.728 |
|
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||
I valori della velocità sono in km/s. |
|
|
|
|
|
|
||||||||||||||
I valori della distanza sono in miliardi di anni luce |
|
|
|
|
|
|||||||||||||||
I valori del tempo sono in miliardi di anni |
|
|
|
|
|
|||||||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||
VALORI POSTATI |
|
|
|
|
|
|
|
|||||||||||||
Velocità iniziale luogo della Terra |
|
1929.200 |
|
Distanza iniz. luogo Terra |
0,010 |
|||||||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||||||||
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||||||
Faccio osservare che
alla fine del viaggio il luogo della Terra risulta lontano dal luogo di partenza
della CMBR di circa 22 miliardi di anni luce (ultimo valore della colonna M).
Valore che corrisponde al cosiddetto raggio dell’Universo osservabile.
Faccio anche rilevare che così come nella simulazione del viaggio dei fotoni
della galassia, in base alla riduzione della velocità di allontanamento del
luogo della Terra (F), risulta che l’espansione dell’Universo sia in
decelerazione.
Per poter effettuare
un confronto, ho provato a simulare il viaggio della CMBR anche in base al
modello di Universo della CS, e ne è risultato un raggio di Universo
estremamente più elevato di quello del modello di Universo qui presentato e,
comunque, una velocità di espansione in fortissima decelerazione.
La differenza della lunghezza del raggio di Universo osservabile, tra i due
modelli di Universo, è dovuta al fatto che nel presente modello viene usata la
formula dell’effetto Doppler che vede la sorgente ferma e il ricevente in moto,
mentre nel modello di Universo della CS, viene usata la formula che vede il
ricevente fermo e la sorgente in moto, con la conseguenza che vengono ottenuti
valori di espansione molto più elevati, anche se la CS considera il redshift
come un fattore di espansione dello spazio (vedasi paragrafo 3.2).
Ho provato anche prevedere una velocità di espansione in accelerazione, ma non è risultato proprio possibile far arrivare la CMBR alla Terra, il che costituisce un punto molto importante a favore delle ipotesi qui presentate.
Vorrei fare
un’ultima considerazione su questa simulazione.
Poiché, come ho
scritto nel capitolo 2, lo scorrere del tempo varia in funzione dell'espansione
dello spazio e, quindi, verso il passato scorreva via via più velocemente, se ci
fosse stato un orologio che avesse misurato il tempo sempre alla attuale
velocità (potremmo immaginarlo come al di fuori dell’Universo), la vita
dell’Universo sarebbe risultata inferiore ai 14 miliardi di anni. Naturalmente
ho effettuato delle simulazioni ed è risultato che la sua vita sarebbe risultata
di meno di 8 miliardi di anni.
3.5 Dimostrazione che il redshift cosmologico non può essere il fattore di
espansione dello spazio, così come considerato dalla Relatività Ristretta.
In base alla tesi di
laurea citata nel paragrafo 3.3, per la galassia oggetto della simulazione nel
paragrafo 3.2, la luminosità apparente osservata risulta di circa il 25% minore
rispetto a quella attesa, e cioè a quella risultante dall’applicazione della
formula della CS. Il che indicherebbe che la galassia si trova
ad una distanza maggiore di quella
prevista da modelli di Universo dominati da materia, per cui sarebbe determinata
l’evidenza di un Universo in espansione accelerata.
Il che significherebbe che la distanza attuale osservata della galassia,
sarebbe maggiore di quella compatibile con la luminosità apparente attesa, che
in pratica dipende dal fattore (1 + z) e cioè dal redshift cosmologico.
Per far comprendere più facilmente di cosa si tratta, espongo qui di seguito la formula ed il relativo calcolo, per trovare la distanza attuale conoscendo quella iniziale ed il redshift cosmologico. Perché è molto più semplice, logica e chiara, rispetto a quella della luminosità apparente.
Distanza attuale
= Distanza iniziale x (1 + z)
Distanza attuale
= 5,46 x (1 + 0,59) = 8,68
Che in pratica
significa che moltiplicando la distanza dell’oggetto celeste alla partenza dei
fotoni, per l’espansione dello spazio avvenuta durante il loro viaggio, si
ottiene la distanza all’arrivo dei fotoni.
Il risultato corrisponde al valore indicato nell’articolo di Zappalà (2),
relativo alla distanza attuale dell’ipotetico oggetto. Quindi si tratta di un
calcolo corretto.
Però dalle osservazioni risulta che la distanza attuale osservata (naturalmente ciò che viene osservato è la luminosità apparente, che costituisce un indicatore della distanza) è superiore a quella attesa e cioè a 8,68 miliardi di anni luce.
Ma se la distanza attuale osservata è maggiore di quella
attesa, significa che anche l'espansione dello spazio è stata maggiore di quella
risultante utilizzando il fattore (1 + z), in quanto la distanza attuale
osservata dipende proprio dall’espansione dello spazio avvenuta durante il
viaggio dei fotoni.
Ma se il fattore (1 + z) indicasse veramente l’espansione dello spazio, anche il
redshift dei fotoni, e quindi il fattore (1 + z) stesso, sarebbe stato maggiore
di quello considerato, perché la maggiore espansione dello spazio si sarebbe
riflessa anche sulla lunghezza d'onda dei fotoni e, quindi, sul fattore (1 + z).
E quindi la distanza attuale sarebbe risultata maggiore.
Ma dato che il fattore (1 + z) è quello osservato e non può aumentare, neanche
la distanza attuale può aumentare.
Per cui se la distanza attuale risulta maggiore di quella attesa, può solo
significare che il fattore (1 + z) non rappresenta l’espansione dello spazio
avvenuta durante il viaggio dei fotoni.
Credo che questa dimostrazione sia sufficiente per far
comprendere la mia tesi, ma per completezza espongo anche la dimostrazione
relativa alla formula della luminosità apparente, che è più complessa.
Come sopra esposto, se la distanza attuale fosse veramente maggiore,
significherebbe che l’espansione dello spazio sarebbe stata maggiore di quella
risultante utilizzando il fattore (1 + z).
Ma in questo caso anche il redshift dei fotoni sarebbe stato maggiore e quindi
il fattore (1 + z) stesso sarebbe stato maggiore.
Pertanto sarebbero risultati maggiori anche i valori dei fattori al denominatore
della formula, corrispondenti sia alla distanza attuale (che, come sopra
esposto, dipende dal fattore (1 + z)) che all’espansione dello spazio (1 + z),
per cui sarebbe aumentato il valore totale del denominatore della formula,
riducendo il suo risultato.
E quindi la luminosità apparente attesa sarebbe risultata minore.
Ma dato che il fattore (1 + z) è quello osservato e non può aumentare, neanche
la luminosità apparente può diminuire.
Per cui se la luminosità apparente osservata risulta minore di quella attesa,
può solo significare che il fattore (1 + z) non rappresenta l’espansione dello
spazio avvenuta durante il viaggio dei fotoni. Come ho concluso anche sopra.
A mio parere, quindi, per giustificare la differenza tra la luminosità apparente attesa e quella osservata, è necessario trovare quale sia il fattore che rappresenti veramente l’espansione dello spazio avvenuta durante il viaggio, cosa che farò qui di seguito.
Come ho dimostrato
tramite una simulazione tabellare del viaggio dei fotoni della galassia, esposta
nel paragrafo 3.2, il redshift cosmologico è dovuto alla velocità di recessione
del luogo dello spazio dove si trova la Terra alla ricezione dei fotoni, nei
confronti del luogo dello spazio dove sono stati emessi i fotoni, e deve essere
utilizzato come un fattore per calcolare una velocità e non come un fattore per
calcolare un’espansione dello spazio.
Infatti in detta simulazione, che si basa su un modello di Universo diverso da
quello considerato dalla CS, ho utilizzato i redshift cosmologici dei vari
periodi del viaggio (coi quali ho calcolato le varie velocità di recessione),
per calcolare la distanza attuale del luogo dello spazio dove si trova la Terra,
dal luogo dello spazio dove si trovava l’oggetto celeste quando ha emesso i
fotoni.
E poi, tenendo conto della riduzione di luminosità dovuta alla distanza
effettivamente percorsa dai fotoni, ho utilizzato la luminosità apparente
osservata per calcolare il fattore di espansione dello spazio avvenuta durante
il viaggio, fattore che mi è servito per calcolare la distanza all'inizio del
viaggio.
E, come si può vedere dai risultati della simulazione esposti in calce di questo
paragrafo, è risultato che il valore del fattore di espansione dello spazio è
maggiore del valore dell'ultimo redshift cosmologico.
Per calcolare tali velocità ho applicato la formula dell’effetto Doppler con l’emittente fermo e il ricevente in moto (come è realistico ipotizzare in base alla simulazione), e cioè la formula 3.2.2
velocità ricevente = c - c / (1 + z) ,
per cui il valore
0,59 di z, corrisponde ad una velocità di allontanamento del ricevente rispetto
all’emittente, di 111.321 km/s.
Mentre in base alla RR, per la quale ogni Sistema di Riferimento (SR) vede ogni altro SR in moto rispetto a se stesso (quindi con una visione tolemaica e pertanto irrealistica dell’Universo), si dovrebbe applicare la formula col ricevente fermo e l’emittente in moto, e cioè la formula 3.2.3
velocità emittente = z x c ,
per cui il valore
0,59 di z, corrisponderebbe ad una velocità di allontanamento dell’emittente
rispetto al ricevente, di 177.000 km/s.
Però tale formula presenta un grosso problema, perché dalle osservazioni risulta
che i fotoni provenienti dagli oggetti celesti molto lontani, hanno dei redshift
con valori ben superiori a 1 (fino a più di 8).
Il che significherebbe che la loro velocità di allontanamento sarebbe ben
superiore a quella della luce, cosa che per la RR sarebbe impossibile. Per cui
questa formula può essere applicata per valori di redshift molto piccoli, quindi
non per i redshift cosmologici.
Pertanto la RR non è
compatibile con un redshift cosmologico dovuto alla velocità
di allontanamento della sorgente dalla Terra.
Ma è compatibile con un redshift cosmologico dovuto direttamente all’espansione
dello spazio, come viene considerato nella formula sopra esposta.
Ma così risulta che la luminosità apparente osservata è inferiore a quella
attesa!
Il che significa che in base alle osservazioni il redshift cosmologico non può
indicare l’espansione dello spazio e, quindi, non può essere considerato
compatibile con la RR.
Espongo qui di seguito i risultati significativi per il presente paragrafo relativi alla simulazione esposta nel paragrafo 3.2.
Distanza
iniziale = 5,04 miliardi di anni luce;
Distanza
attuale = 8,54 miliardi di anni luce;
F - distanza
percorsa dai fotoni = 7 miliardi di anni luce;
(1 + z) - (redshift cosmologico finale, che per la CS è il fattore di espansione
dello spazio) = 1,59;
Fattore di Espansione
dello spazio = 1 + (8,54 – 5,04) : 5,04 = 1,69.
La velocità di
espansione dello spazio, risulta in decelerazione.
3.6 Futuro dell’Universo
A causa della tendenza ad espandersi dei quanti
di spazio, l’Universo continuerà ad espandersi, anche se ad una velocità via via
minore.
Perché la compressione dei quanti di spazio andrà via via diminuendo e, quindi,
diminuirà anche la velocità con la quale si espanderanno.
La forza di gravità non riuscirà a fermare l’espansione, perché è dovuta alla
differenza di compressione dei quanti di spazio tra luoghi dell’Universo, ma non
incide sulla compressione complessiva, che continuerà a far espandere
l’Universo. Infatti man mano che si ridurrà la compressione media dei quanti di
spazio, si ridurrà anche la differenza di compressione tra i luoghi dello spazio
e, quindi, anche la forza di gravità. Per cui i vari oggetti celesti si
disperderanno sempre di più nell’Universo sempre più grande.
Riducendosi la forza di gravità si formeranno sempre meno nuove stelle, mentre
quelle vecchie si spegneranno.
Finché l’Universo sarà spento.
E poi?
Non lo so.
4. CONCLUSIONI
Con questo articolo ho esposto alcune ipotesi compatibili con la teoria sul moto relativo allo spazio in espansione (1), che riassumo brevemente qui di seguito, su determinati fenomeni fisici.
4.1 Espansione dell’Universo
L’Universo è composto da un’infinità di piccolissime particelle di una uguale quantità di spazio (una sostanza che tende ad espandersi), che ho denominato come "quanti di spazio" e che tendono ad espandersi continuamente, causando l’espansione dell’Universo.
4.2 Gravità
La materia è formata
da insiemi dinamici di quanti di spazio compressi e consente una maggiore
espansione dei quanti vicini ad essa e poi via via di quelli più lontani.
Ogni oggetto materiale tende a muoversi verso i luoghi dove i quanti di spazio
sono più espansi, e cioè verso altri oggetti materiali.
4.3 Velocità della luce variabile
La velocità della
luce dipende dall’espansione dei quanti di spazio dei luoghi nei quali transita,
ma poiché anche gli orologi si muovono in funzione di detta espansione, se
misurate, sia la velocità che la frequenza della luce risultano sempre le
stesse.
Pertanto, nel passato, quando l’espansione dello spazio era minore, la velocità
della luce era maggiore.
4.4 Redshift cosmologico
Il redshift
cosmologico è dovuto alla velocità di recessione del luogo dell’oggetto celeste
che riceve il fotone, rispetto al luogo dell’oggetto celeste che l’ha emesso.
A sostegno di queste ipotesi ho presentato due tabelle che simulano il viaggio
dei fotoni di una galassia ad alto redshift e quello dei fotoni della CMBR e,
soprattutto, una formula che utilizza la luminosità apparente di un oggetto
celeste ad alto redshift, per ricavare l'espansione dello spazio avvenuta
durante il viaggio dei fotoni verso la Terra.
Il tutto fa risultare che la velocità di espansione dell’Universo sia in
decelerazione.
In conclusione credo
di aver dimostrato che il modello di Universo qui presentato, è almeno più
compatibile con le osservazioni, di quello sostenuto dalla CS.
RIFERIMENTI
1. Dino
Bruniera – Teoria sul moto relativo allo spazio in espansione;
2.
Vincenzo Zappalà – C’è
distanza e distanza - pubblicato in “astronomia.com”.
3.
Matteo Billi - Vincoli
cosmologici da supernovae ad alto redshift – Sommario – pagina V.
4.
Annibale D'Ercole –
L’accelerazione dell’universo.
5.
Wikipedia, edizione
italiana – Radiazione di fondo – Caratteristiche. ;
6. Amedeo Balbi – La musica del Big Bang – Capitolo 2, Paragrafo “Il
lungo addio”. 2007 - 54-60;
7. A. Franceschini – Corso di cosmologia – Paragrafo 10.1.
8. Richard Feynman – SIX NOT-SO-EASY PIECES
https://nirstern.files.wordpress.com/2016/04/six-not-so-easy-pieces.pdf
Dino Bruniera
E-mail: dino.bruniera@gmail.com